mercoledì 22 novembre 2023

Più carcere, meno diritti, meno democrazia

Comunicato di Voci di dentro Odv

L’Associazione Voci di dentro esprime grande contrarietà all’ennesimo pacchetto di misure per la sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri perché completamente contrario allo stato di diritto ed esemplificativo di una visione e di una politica reazionaria.

Formalmente c’è un governo e un parlamento, in realtà c’è una politica che ha occupato governo e parlamento e che, sottratta da ogni vincolo o limite, è diventata politica di polizia abolendo di fatto il potere legislativo e la separazione dei poteri e rinunciando a risolvere contraddizioni e conflitti sociali.

Voci di dentro ritiene che l’inasprimento delle pene come ad esempio portare fino a 8 anni il reato di evasione (prima era fino a tre anni) e l’introduzione di nuove fattispecie di reato  come la resistenza passiva all’esecuzione di ordini  che diventa “rivolta in istituto penitenziario” (art. 415 bis c.p.) punita anche questa con pene fino a 8 anni, non siano in alcun modo la via per ridurre conflittualità e violenze e dare sicurezza. Al contrario, che siano totalmente in contrasto con il principio di proporzionalità della pena,  (“dunque vi deve essere una proporzione fra i delitti e le pene”, Beccaria, paragrafo  VI, pagina 19), principio che ha attraversato tutta l’epoca moderna e contemporanea.

E che rispondano solo a logiche di vendetta, giustizialismo e populismo, “superflue e perciò tiranniche” per citare ancora Beccaria. Giustizialismo e populismo addirittura accompagnati da vere e proprie falsità del tipo “…rivolte eterodirette dalla criminalità organizzata senza reazione da parte dello Stato”, e smentite dal Presidente della Commissione ispettiva del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) Sergio Lari che in occasione delle rivolte del marzo del 2020 aveva dichiarato: «Non sono state acquisite prove utili a dimostrare che dietro le rivolte vi sia stata la regia della criminalità organizzata».

Voci di dentro considera le disposizioni sull’inasprimento delle pene irragionevoli e mistificanti.

Scientemente vengono ignorati tutti gli studi passati e recenti i quali hanno ampiamente dimostrato che periodi di detenzione più lunghi, invece che rafforzare la risposta comportamentale, indeboliscono fino ad annullare il potere deterrente. Basta guardare quanto accade in alcuni Stati degli Usa dove vige la pena di morte e dove al contrario la violenza è la regola quotidiana grazie anche alle tante armi automatiche e da guerra che possono essere acquistate nei supermercati.

Volutamente viene ignorata la realtà delle carceri dove sopravvivono quasi 60 mila persone (dati al 31 ottobre) in un luogo dove c’è posto per 50 mila, in condizioni vergognose, anche senz’acqua corrente come fino a pochi mesi fa succedeva a Santa Maria Capua Vetere, abbandonate in celle umide abitate da topi e blatte, senza alcun reale progetto, senza scuola, senza lavoro e senza futuro. E dove migliaia si tagliano: già 62 quest’anno, dopo gli 86 dell’anno passato, si sono tolti la vita…

Ingiustificatamente si aumenta la lista dei reati ostativi previsti dall’art. 4 bis dell’Ordinamento penitenziario e si limitano i benefici penitenziari, gli unici strumenti che possono permettere il reinserimento. Dimenticando, ancora, che la recidiva - purtroppo al 70 per cento -  crolla all’uno per cento tra quei pochi che sono impiegati in attività lavorative. Nascondendo ad esempio che sono 27.605 i detenuti affidati ai servizi sociali e che la stragrande maggioranza ha avviato un concreto percorso di reinserimento. Fuori dal carcere non dentro.

Voci di dentro condanna con forza l’eliminazione del differimento obbligatorio della pena per le donne incinte o madri di prole in tenera età, operazione frutto di una volgare campagna di disinformazione (attuata anche da alcune testate televisive e giornalistiche) e rappresentative di una politica razzista e di classe, costruita su misura sulle donne rom e sinti (doppiamente vittime) sempre e indistintamente nel mirino di una destra becera e volgare alimentata da stereotipi e etichettamenti. Come non ricordare le ragazze che hanno partorito da sole in cella aiutate dalle compagne, come non denunciare qui la storia accaduta a luglio di quest’anno di quella ragazza incinta portata in carcere nonostante non fosse in buona salute e che poi ha perso il figlio in ospedale. Come non ricordare che sono poco più di 2 mila le donne incarcerate e che per loro oltre alla mancanza di ginecologi e ostetrici, non è garantito neppure il bidè. Altro che mai più bambini in carcere, ben 23 a fine ottobre, imprigionati in cella e dove la prima parola che imparano a dire è “ guardia, apri”.

Ma la gravità di questo ennesimo pacchetto sicurezza  - che segue altri provvedimenti dello stesso segno come il decreto Caivano (che addirittura si immagina di risolvere la dispersione scolastica con la punizione dei genitori, e non con servizi di welfare) o come lo storico accordo con l’Albania (che di fatto istituisce senza il coinvolgimento del Parlamento e fuori dal diritto europeo due  campi di concentramento, chiamati centri, per profughi e richiedenti asilo) - è ben evidente negli articoli che riguardano il mondo fuori dal carcere e che sono un “un allargamento del carcere a tutta la società” dove di fatto si vuole soffocare il dissenso, la protesta, la parola: tutti zitti e a testa bassa anche di fronte a qualsiasi sopruso, dal lavoro a 5 euro all’ora, al lavoro in nero.

Nel regolamento carcerario fascista del 1931, per i detenuti era obbligatorio “passeggiare in buon ordine, soli o tre a tre,  ovvero star seduti, e parlare a voce bassa” e adesso nel 2023  la regola dell’obbedienza si stende alle strade e alle vie piene di poveri, migranti, accattoni, manifestanti e operai. Per tutti (tutti nemici?) la regola è l’ordine e la sicurezza urbana da mantenere anche con le armi, addirittura autorizzando  gli agenti di pubblica sicurezza a portare senza licenza un’arma diversa da quella di ordinanza quando non sono in servizio.

L’Associazione Voci di dentro, infine, nell’esprimere tutta la sua opposizione a questo continuo scivolamento verso uno stato di polizia, contesta con forza le disposizioni che vanno a colpire  le persone più in difficoltà, sotto sfratto ,e  che rischiano di finire in carcere con l’accusa di occupazione abusiva e così pure condanna con forza gli aumenti di pena per le proteste con blocchi stradali, o il divieto di accesso nelle metropolitane, nelle stazioni ferroviarie e nei porti per chi è già stato denunciato o condannato per furto, rapina o altri reati contro il patrimonio. Condannati a vita, pregiudicati a vita.

L’Associazione Voci di dentro dice no a questa idea di società in cui diventa sempre più centrale l’idea del carcere. E nella quale sono bandite parole come solidarietà, prevenzione e cura. L’associazione Voci di dentro dice no a un’idea di società dove ci sono meno diritti e meno democrazia.

 Chieti 22/11/2023

Nessun commento:

Posta un commento