mercoledì 19 ottobre 2022

Suicidi, nuovi psicologi, caso Ioia. Tre storie nel mondo del carcere. Perché regni la quiete


di FRANCESCO LO PICCOLO
1. Qualche giorno fa ha tentato il suicidio in carcere uno dei tanti detenuti che conosco personalmente e che partecipano ai laboratori di Voci di dentro. Un ragazzone inquieto, appena 25 anni, la vita non gli è stata molto tenera e il carcere è stato per tanto tempo il suo pezzo di mondo. Con noi ha fatto un bel lavoro e ha recitato in uno spettacolo teatrale che abbiamo messo in scena il 23 giugno di quest’anno. Bravissimo a dispetto di chi lo definiva inaffidabile e borderline. Dopo il tentato suicidio - poche ore dopo il gesto - è stato trasferito. Succede sempre così. In tutte le carceri: uno tenta il suicidio a Roma, lo mandano a Velletri. E se succede a Velletri ecco che l’autore del gesto viene trasferito a Roma o in qualsiasi altro carcere. Invece di affrontare i problemi, invece di governarli e curare, la soluzione del sistema carcere è ancora sempre la stessa: rimozione del problema, allontanamento di chi rompe la quiete, quiete solo apparente, come ovvio.
2. Da qualche settimana è al lavoro nelle carceri italiane una pattuglia di giovani laureati. Sono psicologi e criminologi e sono entrati in organico come collaboratori esterni ex articolo 80. Nessuno è a tempo determinato, tutti precari, 64 ore al mese per un periodo di due mesi (massimo tre). Per poter lavorare hanno dovuto aprirsi una partita Iva, il compenso è di 17 euro l’ora lordi. Fino al 31 dicembre, cioè fino ad esaurimento dei fondi trovati dal ministero della Giustizia. Poi tutti a casa a meno che non vengano trovati altri fondi. Anche qui la logica del sistema carcere è sempre la stessa: tamponare il problema, affrontare l’emergenza con quattro soldi trovati nei rimasugli di bilancio. Soluzione del momento. Senza alcuna idea di carcere, non quella della cura che richiede lavoro e risorse, tanto lavoro e tante risorse, ma semplicemente quella della “governance”, per mantenere la quiete, quiete solo apparente, come ovvio.
3. Ieri ho appreso che è stato arrestato il garante comunale dei diritti dei detenuti di Napoli Piero Ioia. Mi spiace, perché è un uomo che si è sempre battuto per i diritti dei detenuti. Ha alle spalle 22 anni di reclusione, è autore di un libro denuncia sulla “cella zero”, una stanza del carcere di Poggioreale utilizzata per pestaggi e violenze sui detenuti. Il suo arresto non era necessario, non c‘era rischio di inquinamento delle prove e neppure rischio di fuga. E per evitare il rischio di reiterazione del reato bastava - come è subito accaduto - la revoca della nomina di garante. Ma è stato arrestato comunque. Così purtroppo si fa, e il clamore e la sentenza (di condanna) sono arrivate prima di tutto, prima del diritto della difesa, entrambi ben cavalcati da certa politica e soliti media. Staremo a vedere. Certo, non c’è bisogno del garante, di un garante come Ioia - garante che dà fastidio per le battaglie che fa - per far sì che in carcere entrino droga e telefonini.Spesso si hanno queste notizie, alle volte sono parenti, altre volte sono agenti… e non solo. Non per questo si eliminano parenti o agenti... ma con i garanti certa politica non ci penserebbe due volte. Anche qu, in realtà, si ignora il nocciolo del problema ovvero il sistema carcere, fallito e sbagliato, e la sua “governance” che è quella - ancora - di mantenere la quiete, quiete solo apparente, come ovvio.
Dall’inizio dell’anno siamo a 800 tentati suicidi in carcere e a 70 suicidi (ma io non li chiamo suicidi). Intanto la politica tace e il sistema carcere non cambia. Come sempre incapace e impossibilitato a vedere un palmo oltre il proprio naso.

sabato 1 ottobre 2022

𝙎𝙚 𝙢𝙞 𝙥𝙚𝙧𝙢𝙚𝙩𝙩𝙚 𝙎𝙩𝙖𝙩𝙤, 𝙡𝙚𝙞 𝙚̀ 𝙞𝙡 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙤 𝙖 𝙫𝙞𝙤𝙡𝙖𝙧𝙚 𝙡𝙖 𝙡𝙚𝙜𝙖𝙡𝙞𝙩𝙖̀!

 𝗜𝗹 𝗰𝗮𝗿𝗰𝗲𝗿𝗲 … 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝘀𝗽𝗲𝗿𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗰𝗮𝗺𝗯𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗮𝘀𝘀𝗼 𝗮𝗹𝗹’𝗲𝗺𝗲𝗿𝗴𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗶𝗻𝗳𝗶𝗻𝗶𝘁𝗮.

Ieri pomeriggio a #Pescara negli interventi che hanno scandito la prima giornata del Congresso straordinario dell’Unione 1elle Camere penali italiane non poteva mancare una riflessione sul #carcere.

"La sentenza Torregiani nel 2013 con la dura condanna da parte della Cedu aveva scosso la politica. Era il momento della speranza… una speranza subito svanita… slogan come lo svuota carceri – come se le carceri fossero delle cantine piene di cose e non di persone – hanno riportato le carceri e tutto il sistema dell’esecuzione penale in uno stato di emergenza infinita“. E’ stato questo uno dei passaggi dell’intervento di #RiccardoPolidoro, coresponsabile dell’Osservatorio carcere dell’UCPI assieme a quelli del capo del Dap #CarloRenoldi, del professor Giovanni Fiandaca, docente di diritto penale e garante dei detenuti della Sicilia e di Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino.

Indignato e preoccupato, Polidoro ha ricordato che nel programma elettorale del Pd c’erano provvedimenti per far uscire il carcere dall’emergenza che avrebbero dovuto essere applicati da anni. Ma la preoccupazione maggiore è stata evidenziata ricordando che Fratelli d’Italia si definisce “garantista nel processo, giustizialista nell’esecuzione della pena” (come se fossimo - pensiamo noi - nell'Argentina di Peron e al tempo delle esecuzioni sommarie) e che Giorgia Meloni, premier in pectore, firmò la proposta della riforma dell’articolo 27 "sottolineando la necessità che la pena più che rieducare debba garantire sicurezza ai cittadini".

🔉 Interessante l’intervento di #CarloRenoldi che si è definito come uno che ha sempre coltivato il dubbio come categoria dello spirito. Dopo aver precisato che la pena del carcere non è l’unica pena, concetto ormai riconosciuto da tutti - forse un po’ meno dal punto di vista culturale – Renoldi ha ribadito che “non esistono sistemi che si fondano solo sul carcere e che la politica penale e penitenziaria non può fare a meno di un sistema articolato e aperto a tante altre misure di sanzione, come del resto ben avviato con la riforma Cartabia”.
🔉Tre gli assi sui quali lavorare per risolvere la crisi e l’emergenza in cui si trova il carcere e sui quali dovrà lavorare il nuovo governo uscito dalla elezioni del 25 settembre.
- Il primo asse riguarda il personale: ecco quindi l’assunzione di 57 nuovi direttori, di 200 nuovi educatori, di 140 funzionari contabili e di 3 mila nuovi agenti entro la fine del prossimo anno.
- Il secondo pilastro per Renoldi riguarda il tema caldo dell’edilizia con una politica che prevede la chiusura di vecchi edifici non a norma e l’apertura di nuovi perché l’obiettivo è quello di renderli adatti alla funzione primaria che è quella di fare trattamento e reinserire nella società chi vi è finito dentro.
- Terzo asse, secondo il capo del Dap, è il collegamento del carcere col territorio per cui i Comuni devono capire che il carcere ne fa parte a pieno titolo e che anche gli enti locali devono adoperarsi per il reinserimento col lavoro anche grazie alle agevolazioni della legge Smuraglia e una maggiore attenzione alla salute dentro il carcere.
🔉 Dal canto suo, il professor Fiandaca ha incentrato le sue considerazioni sulla funzione del carcere, che è quella dei reinserimento e del recupero. Quindi non avrebbe senso occuparsi delle criticità essenziali (per es. l’annoso problema del sovraffollamento), ma occorre porsi la domanda: «Quale funzione intendiamo attribuire al carcere?».
“Bene i 200 nuovi educatori – ha detto il professore – ma attenzione che gran parte sono laureati in giurisprudenza, mentre occorrono figure specialistiche del trattamento. con competenze autentiche per questo scopo”.
Più risorse dunque, aumento di spese in questo settore, “per ridare al carcere la sua funzione rieducativa, per farlo rientrare nella legalità e farlo uscire dalla camera oscura in cui si trova”.
🔉 Sull’infinita emergenza che non possiamo risolvere nel semplicistico conflitto garantismo-giustizialismo, si è inserito il racconto-testimonianza di #RitaBernardini sul carcere di Ascoli Piceno. Celle con bagno a vista e spioncino. Addirittura "legalizzate" perché secondo la Cassazione servono a prevenire le intenzioni suicidarie. Niente scuola, attività e la rieducazione - principio dell’art 27 della nostra Costituzione - ridotta a qualche piantina coltivata in vasi, cui si dà il nome di orto sociale. Nessun permesso premio ai detenuti giunti a scontare gli ultimi mesi di pena.
Detenuti che però sempre di più mostrano consapevolezza dei loro diritti. Per esempio, perché essere pagati sempre meno delle ore lavorate?
#RitaBernardini conclude con una certa rabbia: “Allora - se permettete- il primo a violare la legalità è lo stesso stato italiano!”