martedì 31 ottobre 2023

Cosa "pensa" del carcere l'intelligenza artificiale?

 Abbiamo provato a chiedere a ChatGPT quali azioni si dovrebbero intraprendere per migliorare le condizioni di vita negli istituti di pena

Il nostro esperimento ha ottenuto risposte schematiche, che per gli addetti ai lavori possono sembrare banali e tuttavia dovrebbero farci riflettere sulla necessità di mettere mano al sistema carcerario. Sicuramente l'intelligenza artificiale potrebbe svolgere un ruolo determinante nel miglioramento della quotidianità degli istituti penitenziari, ad esempio per snellire procedure che spesso sembrano essere ancorate al passato.

Ecco le "riflessioni" di ChatGPT: 

"Il miglioramento delle condizioni di vita delle persone detenute nelle carceri italiane è un obiettivo importante sia dal punto di vista umanitario che sociale. Per raggiungere questo obiettivo, diverse misure possono essere adottate, tra cui:

Riforme del Sistema Penitenziario: È essenziale rivedere e riformare il sistema penitenziario italiano per affrontare il sovraffollamento nelle carceri e migliorare la qualità delle strutture carcerarie.

Riduzione del Sovraffollamento: Una delle sfide principali del sistema carcerario italiano è il sovraffollamento. Si dovrebbero adottare misure per ridurre il numero di detenuti nelle carceri, ad esempio attraverso alternative alla detenzione per reati minori o non violenti.



Una lettera dalle ragazze del carcere di Torino


 "Una pena utile non si può scontare in un carcere che non sia adeguato. I nostri istituti nella maggior parte dei casi, sono SOVRAFFOLLATI, VECCHI,  HANNO TROPPE SBARRE, POCHI SPAZI PER ATTIVITA' RESPONSABILI. E' compatibile tutto ciò con l'irrogazione di una pena utile?

A stabilire come debba essere un carcere è la norma. Non è la mia idea, tanto meno quella del politico che fa propaganda.(...) Io mi devo sforzare affinché il dettato del legislatore sia attuato, perché  UNA NORMA NON ATTUATA E' LA NEGAZIONE DELLO STATO.(...) NON POSSO PRETENDERE IL RISPETTO DELLE REGOLE SE COME STATO NON RIESCO A RISPETTARLE"... (citazione da "Di cuore e di coraggio" di G. Siciliano, direttore del carcere "San Vittore).

Siamo le "RAGAZZE DI TORINO" quelle detenute ancora nella casa circondariale di Torino! Nonostante le perenni emergenze del "pianeta carcere" e gli appelli di molte personalità tra cui giuristi, politici (pochi), professori universitari, garanti dei detenuti, la situazione non cambia, anzi per la popolazione ristretta negli ultimi tre anni è peggiorata. Lo dicono i fatti, i numeri dei suicidi, del sovraffollamento, dei soggetti psichiatrici e degli indigenti. Peggiora perché invece di tendere al reinserimento la pena produce recidiva, rabbia e ulteriore ingiustizia sociale.

 Per anni abbiamo lanciato appelli, raccolto firme e portato avanti iniziative NON VIOLENTE, proprio perché l'attenzione su questo "terzo mondo" non calasse e soprattutto perché venisse varata una misura deflattiva come l'aumento della liberazione anticipata e/o la liberazione anticipata speciale che riportasse un minimo di "norma" in queste carceri in cui lo Stato stesso non rispetta la legge. Non lo diciamo solo noi: è probabile che un gruppo di donne "peccatrici" non smuova molto visto che quella proposta di legge del Sen. Giachetti e Nessuno Tocchi Caino proprio per l'aumento della liberazione anticipata giace ancora nei cassetti...

Lo dice persino un Direttore illuminato come Giacinto Siciliano che questa situazione rende la pena inutile. Vorremmo spiegare a tutti i giustizialisti, che la liberazione anticipata speciale e la proposta di legge Giachetti, per cui ci batteremo finché non saranno approvate, non rappresentano un "liberi tutti", ma un beneficio premiale per i ristretti con buona condotta. Andrebbe a migliorare in parte un sistema che è nocivo per la società stessa e per noi, ci chiamate o giudicate come "fuori legge" ma non ci date il buon esempio.

"Non posso pretendere il rispetto delle regole se come stato non riesco a rispettarle" (cit.)


 

lunedì 23 ottobre 2023

"In carcere funziona così"

 Cibo scadente, caffè fatto con i fondi e latte allungato con l'acqua

di Gabriella Stramaccioni*

Fra le varie problematiche che ho dovuto affrontare nel mio ruolo di garante dei diritti delle persone private della libertà personale quella relativa al vitto e sopravvitto per le persone detenuti è stata sicuramente la più emblematica di come funzioni il sistema penale. E’ necessario inquadrare il fenomeno e capire come funziona attualmente (spero ancora per poco) questo importante servizio all’interno degli istituti penitenziari.

Il vitto è rappresentato da tre pasti principali che vengono distribuiti da parte dell’amministrazione penitenziaria alla popolazione detenuta: colazione, pranzo e cena. Il sopravvitto consiste in tutti quegli alimenti (autorizzati in apposita lista dall’amministrazione penitenziaria) che le persone ristrette possono acquistare a loro spese previa richiesta tramite modulo. Le spese per il vitto sono quindi sostenute dal Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) mentre il sopravvitto è completamente a carico di chi lo ordina. Presentata così la questione potrebbe sembrare chiara, ma analizzandola attentamente dal di dentro (e cioè dal carcere) mi sono subito resa conto che tanto chiara la questione non era. Il primo riscontro a quella che già all’inizio mi sembrava una situazione opaca è stata quella di informarmi su quanto il Dipartimento pagasse per il vitto giornaliero pro capite. Euro2,39 la quota con la quale la ditta che serviva il vitto a Rebibbia si era aggiudicato l’appalto. Si, proprio 2,39 euro per fornire colazione, pranzo e cena a persone adulte. Una quota palesemente insufficiente per far fronte ad una alimentazione adeguata (che fra l’altro le tabelle vittuarie del dipartimento prevedono).