lunedì 23 ottobre 2023

"In carcere funziona così"

 Cibo scadente, caffè fatto con i fondi e latte allungato con l'acqua

di Gabriella Stramaccioni*

Fra le varie problematiche che ho dovuto affrontare nel mio ruolo di garante dei diritti delle persone private della libertà personale quella relativa al vitto e sopravvitto per le persone detenuti è stata sicuramente la più emblematica di come funzioni il sistema penale. E’ necessario inquadrare il fenomeno e capire come funziona attualmente (spero ancora per poco) questo importante servizio all’interno degli istituti penitenziari.

Il vitto è rappresentato da tre pasti principali che vengono distribuiti da parte dell’amministrazione penitenziaria alla popolazione detenuta: colazione, pranzo e cena. Il sopravvitto consiste in tutti quegli alimenti (autorizzati in apposita lista dall’amministrazione penitenziaria) che le persone ristrette possono acquistare a loro spese previa richiesta tramite modulo. Le spese per il vitto sono quindi sostenute dal Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) mentre il sopravvitto è completamente a carico di chi lo ordina. Presentata così la questione potrebbe sembrare chiara, ma analizzandola attentamente dal di dentro (e cioè dal carcere) mi sono subito resa conto che tanto chiara la questione non era. Il primo riscontro a quella che già all’inizio mi sembrava una situazione opaca è stata quella di informarmi su quanto il Dipartimento pagasse per il vitto giornaliero pro capite. Euro2,39 la quota con la quale la ditta che serviva il vitto a Rebibbia si era aggiudicato l’appalto. Si, proprio 2,39 euro per fornire colazione, pranzo e cena a persone adulte. Una quota palesemente insufficiente per far fronte ad una alimentazione adeguata (che fra l’altro le tabelle vittuarie del dipartimento prevedono).



 Controllando le modalità di erogazione del sopravvitto ho scoperto l’anomalia collegata al vitto. E cioè la ditta che gestiva il sopravvitto e che riceveva i pagamenti (anticipati) direttamente dai detenuti, era la stessa che aveva in gestione il vitto (pagato dalla pubblica amministrazione). Mi è stato a quel punto più chiaro capire i tanti reclami che avevo ricevuto dai detenuti in merito alla pessima qualità e scarsa quantità del vitto giornaliero ed i reclami anche sull’elevato costo che dovevano sostenere per acquistare i prodotti dal sopravvitto. Prezzi assolutamente esagerati per prodotti anche in questo caso di pessima qualità. Pomodori, frutta fresca, carne, formaggi, pagati a peso d’oro anche quando si trattava (per la maggior parte dei casi) di prodotti di scarto. I detenuti continuavano a scrivere reclami, ma rassegnati a non vedere mai una risposta alle loro giuste rivendicazioni. Ho deciso di seguire questa vicenda che mi sembrava assurda ed ingiusta. Non ho trovato intorno a me anche da parte di altri soggetti istituzionali un interesse alla vicenda. La maggior parte degli interlocutori a cui mi sono rivolta mi dicevano: “Ma funziona così da anni”, “Ma tanto lo sanno tutti ed il sistema non cambierà mai “. Non mi sono arresa ed ho iniziato quella che non sapevo sarebbe diventata la mia battaglia solitaria per molto mesi. Ho iniziato a raccogliere i reclami, a controllare quotidianamente il vitto che veniva servito, a confrontarlo con le tabelle vittuarie, a fare le verifiche sul cibo acquistato a pagamento. Ho analizzato le salsicce acquistate al prezzo di carne pregiata: erano piene di grasso e riempite di colorante, il pollo intero era senza ali (perché le ali venivano vendute a parte), le uova arrivavano sempre prossime alla scadenza , i limoni fracichi, i pomodorini datterini erano poltiglia, la frutta immangiabile. Nel frattempo la qualità del vitto che veniva distribuito era veramente scadente e scarso: latte diluito con acqua, caffè fatto con i fondi, carne contenente altre sostanze e via dicendo. Una vera galleria dell’orrore. Ho raccolto tutto pazientemente per mesi grazie alla collaborazione di alcuni detenuti che non ne potevano più di subire questo stato di cose. Ho preparato un dossier molto articolato e documentato e mi sono presentata in procura di Roma depositando un esposto. Nel frattempo si era mossa la Corte dei Conti del Lazio che aveva segnalato anomalie nella gara di appalto in quanto il servizio di vitto che era a carico dello Stato doveva essere separato da quello del sopravvitto che si configurava come altro servizio. Alcuni giornalisti iniziano ad occuparsi della vicenda e rilanciano il mio esposto in procura. A quel punto arrivano anche delle interrogazioni parlamentari rivolte al ministro della Giustizia (allora Marta Cartabia) che ammette in aula al Senato che è necessario modificare le gare di appalto per questi fondamentali  servizi all’interno degli istituti penitenziari. Alcune gare in varie regioni vengono annullate e si procede con le nuove gare che vedono l’appalto del vitto distinto da quello del sopravvitto. Fortunatamente per me l’esposto presentato in Procura va avanti e vengo ascoltata   come persona informata dei fatti da un bravissimo colonnello della Guardia di Finanza. Grazie alla sua attenzione e professionalità riesco a ricostruire tanti passaggi e situazioni che porteranno ad un blitz (Gennaio 2023) della Guardia di Finanza all’interno degli istituti penitenziari di Rebibbia per il sequestro degli alimenti predisposti per il vitto. Ad agosto 2023 trapelano le prime notizie della chiusura della indagine con alcune persone indagate. Sono in attesa di conoscere le decisioni che verranno assunte. Nel frattempo io non sono stata più riconfermata garante dei diritti delle persone private della libertà personale (il regolamento prevedeva la possibilità della riconferma). C’entra qualcosa con le denunce che ho fatto e l’isolamento che ho subìto?

*ex garante dei diritti delle persone private della libertà personale del comune di Roma

articolo pubblicato nel numero 49 della rivista Voci di dentro

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