lunedì 30 gennaio 2023

il video "Una notte d'ottobre"


 Guarda il nostro

 UNA NOTTE D'OTTOBRE  

registrato al'auditorium dell'Università d'Annunzio  nel 2018






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Lo spettacolo (in scena 16 detenuti e 7 volontari) è ambientato in un piccolo paese della Baviera poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale e parla di gente comune, ora vittime e ora carnefici, coinvolte tutte in quella generale follia che ha poi dato il via allo sterminio di milioni di uomini. E mostra come il regime nazista ha trasformato le persone, rendendole incoscienti e incapaci di vedere quella immane tragedia che forse si sarebbe potuto evitare. In linea con la mission di Voci di dentro, lo spettacolo vuole essere un momento di riflessione contro la violenza, la sopraffazione, per i diritti e la legalità, perché l’uomo torni  a vedere l’altro come se stesso, come amico e non come nemico, come persona e non come mezzo.

mercoledì 18 gennaio 2023

Il doppio dramma

86 nel 2022

Non sono semplici numeri, questi numeri indicano il numero delle persone che si sono tolte la vita mentre erano ristrette in carcere; sempre di più fino ad arrivare alle 86 del 2022. Una strage. Ad eccezione di un po' di clamore, il più delle volte è stata una strage ignorata e erroneamente considerata "nel suo insieme" come frutto di sofferenze e fragilità.

Nell'ultimo numero della nostra rivista abbiamo ricordato le parole di Margara: "SENTIRE TUTTI LA RESPONSABILITÀ DI QUESTI MORTI E DEL CARCERE CHE LI PRODUCE È UNA SCELTA ETICA DESUETA". Margara disse così nel 2009, ma quel sentimento, quell'invito a sentirsi responsabili continua a restare inascoltato. E questo è l'altro dramma di questa strage. (grafico e dati Voci di dentro)

mercoledì 4 gennaio 2023

Porte, portoni, portoncini

di CLAUDIO BOTTAN

...Sfuggire al cambiamento
vorrebbe dire sprecare il dolore

 Si può entrare in galera e uscirne da una "porta" di cambiamento che qualcuno ha aperto? 

Non faccio buonismo, tutt’altro. Il carcere cambia per sempre ed è innegabile, ma sfuggire al cambiamento vorrebbe dire sprecare il dolore.

L'illogicità che la detenzione lascia addosso una logica ce l'ha, tutta sua: vera galera non sono le sbarre, il cemento. La galera, quella che piega la roccia, è lo stare esposti alle domande, reggere l'urto del passato senza defilarsi: le domande dei più giovani (non potevi pensarci prima?), le domande di mio figlio (papà, perché?), gli sguardi della gente, le loro attenzioni, i miei rimpianti: questa è la galera che mi tormenta. Mai l'avrei immaginato mentre ero là dentro. 

Allora devono spalancarsi le porte su quel luogo buio, fermo nel tempo, ma in cui il tempo è l'unica cosa a contare davvero. Il carcere ha bisogno di essere raccontato, deve essere ascoltato dalla voce di chi ha avuto la dolorosa sventura di passarci per la pena; deve essere condiviso con chi ha scelto di entrarci per alleviare la pena di altre persone. Incontrare i volontari significa restituire parte del calore umano ricevuto; il solo fatto di sentirsi chiamare per nome, in un luogo ingessato dai ruoli che impongono distanze tra buoni e cattivi, è una porta aperta verso il cambiamento. Ci vuole il coraggio di varcarla quella porta, volontariamente.