Vitto e sopravvitto
di CLAUDIO TUCCI
Foto di Serena Caputo, dalla mostra fotografica "Come sabbia sotto al tappeto" reportage della Camera penale di Pisa.
Latte allungato
con acqua, carne andata a male, un litro di olio per 80 detenuti. Questo è ciò
che è emerso dalle testimonianze della Food Services, l’azienda che, in piena
emergenza covid, ha gestito la cucina del carcere di Chieti nei mesi di
febbraio e marzo del 2020. (Ne abbiamo
parlato nel numero della nostra rivista del mese di luglio).
Dopo aver
ascoltato le parole dell’imprenditrice Angela De Massis e del capo-cuoco
Stefano Di Febo, quella che si presentava davanti agli occhi era l’immagine terribile di uomini e donne costretti ad accettare una alimentazione
scarsa e di bassa qualità. Ma lo stupore iniziale nel conoscere una situazione
simile è andato via via diminuendo per fare spazio all’incredulità di un
ennesimo e italianissimo “segreto di Pulcinella”: il vitto e il sopravvitto
all’interno del sistema carcere.
Come si mangia,
quindi, nell’inferno dei vivi? Saranno proprio detenuti (ed ex) a raccontarlo,
a farci entrare all’interno di uno dei momenti più importanti e delicati della
vita detentiva, a descriverci, senza risparmiare i dettagli più crudi e
ripugnanti, la realtà delle cucine, del carrello e di tutto ciò che comprende l’alimentazione
del carcerato. Ci sarà il parere di Stefano Anastasia, Garante dei detenuti
della Regione Lazio, una delle prime voci a sollevarsi per denunciare una
situazione che la politica e la classe dirigente ha sempre snobbato.