martedì 28 novembre 2023

Menti nere

Dal “decreto rave” al “pacchetto giustizia” (che di giusto ha ben poco),
passando per il “decreto Caivano 

FRANCESCA DE CAROLIS (L'altra riva)

A scorrere gli ultimi provvedimenti del governo… ritornano come un’ossessione soffocante e buia, che meglio mi sembra non potrebbero rappresentarli, le immagini delle Carceri d’invenzione di Piranesi…

Avete presente? E se non le avete presente andate a cercarle. Sceglietene una, a vostro piacimento, e guardatela a lungo, che ci vuole del tempo per scorrerne tutti i dettagli… Ma state attenti, che prima ancora di riuscire ad abbracciarne gli spazi, distinguere le ombre dai brani di luce, coglierne i tratti nascosti, le suggestioni soffiate… prima ancora di trovare un percorso, di capirne il senso per orientarsi… si rischia di venire risucchiati oltre che da un senso tremendo di claustrofobia, da una vertigine di disperante impossibilità. Prima ancora di riuscire a decidere se proprio di prigione si tratti o di brani di mondo definitivamente condannati alla rovina. O tutte e due le cose insieme. Che a questo punto, a conoscere le prigioni nostrane, e a considerare il pensiero carcerocentrico che guida le scelte di chi ci governa, è proprio ciò che oggi è.


Dal “decreto rave” al “pacchetto giustizia”, che di giusto ed equo ha ben poco, passando per il “decreto Caivano”, è tutto un fiorire di nuovi reati, chiaro intento di repressione dei conflitti sociali, con pene sempre più pesanti che hanno un solo nome: carcere.
E carcere senza via d’uscita, in violazione anche di principi che finora si è cercato di rispettare, se i cancelli di quell’orrore che sono i Cpr si apriranno anche per i minorenni, e non c’è pietà per le mamme con bambini, anche quando appena nati…

Mentre si arriva a “criminalizzare la sofferenza in carcere”. Come giustamente scrive l’avvocato Conte, legale dei parenti di Vincenzo Cacace, fra i detenuti vittime della mattanza dell’aprile di tre anni fa nel carcere di Santa Maria Capua Vetere… E come diversamente dire se arrivano pene addirittura per la “battitura” (che è pacifica contestazione da parte dei detenuti realizzata battendo, appunto, le stoviglie contro la porta della cella) insieme non solo a un aumento di pene per chi organizza rivolte, ma pene addirittura per “resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini”. Mentre si pensa di modificare il reato di tortura… che il potere deve avere mani libere…

Riguardando le tavole di Giambattista Piranesi… Sì, il carcere, minaccia buia tanto sbandierata in nome di una ancora più oscura sicurezza, è proprio tutto lì. In rovine di pietre spaccate, intreccio di tunnel e sale nere, e brevi, inarrivabili squarci di cielo. Il carcere è nella vertigine di quegli equilibri instabili, nelle volte che sembra stiano per cadere, nel dedalo di scalini e varchi, nelle scale che portano al nulla, che si spezzano sul vuoto… esattamente come l’essenza del nostro sistema carcerario.

Il paradosso di prigioni dagli spazi immensi che fanno paura, e li senti prigione psicologica più che fisica. Ma l’una rimanda all’altra, come all’una e all’altra rimanda anche solo scorrere l’intrico delle norme appena partorite, brandite come grida di manzoniana memoria, che evocano luoghi di impossibile fuga.

E interrogandomi su questo parallelo di cui non riesco a liberarmi, incappo ne “La mente nera di Piranesi”, un saggio (uno dei più interessanti, leggo, sull’argomento) scritto da Marguerite Yourcenar. Le tavole delle “Carceri d’invenzione”, si sostiene, nacquero da “un eccesso di febbre”, insomma da un momento di delirio di Piranesi ma, sottolinea la Yourcenar, bisogna capire che si intende per delirio, convinta che lo stato indotto dalle febbri non ha aperto le porte alla confusione mentale, ma “a un regno interiore pericolosamente più vasto di quello in cui era vissuto fino a quel momento”, un regno “dominato dall’angoscia claustrofobica dello spazio prigioniero”.

Misteriose macchine, ruote coperte di chiodi, pali anneriti che suggeriscono torture, grappoli di catene, scale tronche… e le figure umane da scovare piccolissime, schiacciate da spazi spaesanti che sono enormi e sono il nulla…

La mente nera del Piranesi, dunque, saggio della Yourcenar… E mai definizione sembra più ficcante oggi… la mente nera di chi va avanti sulla strada del panpenalismo, in spregio a quanto da tempo ormai indicano studi e riflessioni di chi il carcere ben lo conosce, ne conosce le vessazioni umilianti e degradanti, vere e proprie pene corporali, che pure la legge non prevede, accanto a costrizioni psicologiche, che l’individuo annullano.

Alcuni studiosi di quelle tavole del Piranesi ne hanno messo in luce anche l’aspetto di denuncia, denuncia contro l’inquisizione soprattutto. Ed è denuncia che anche oggi non riesco a non leggere…

Ma anche affacciandosi fuori, guardandosi intorno… Riandando al Piranesi delle storiche vedute, ancora una riflessione della Yourcenar, che dall’artista sembra sia proprio stata incantata, che ne parla come immagine di rovine che non evocano tanto antichi fasti, quanto caducità e morte… Non vi sembra ben si attaglino come sfondo al paese che stiamo diventando? Un paese ossessionato da chi “rubacchia borsellini nel metro”, dove le forze dell’ordine potranno girare armate anche fuori servizio, insofferente alle contestazioni, alle parole e al confronto con liberi pensieri…


Nessun commento:

Posta un commento