di ANTONELLA LA MORGIA
È forse un nuovo sistema penale, via via emanato a pezzi, quello che viene fuori dopo l’ultimo pacchetto sicurezza del Governo. Una produzione penale spinta che preme l’acceleratore di un motore alla massima potenza, reprime nuove condotte e aumenta le pene di altre fattispecie esistenti, in nome di una promessa (solo una promessa propagandistica, però, non una garanzia) di maggiore sicurezza.
Dopo le
misure contro i rave party illegali, il reato universale di gestazione per
altri, l’omicidio nautico, si toccano adesso nuovi ambiti. Ecco aprire nuovi
spazi dove far calare dall’alto la spada penale o rincarare la sua dose. L’occupazione
abusiva di immobili, le truffe agli anziani (peraltro già punibili), i blocchi
stradali, luoghi percorsi vuoi dalla marginalità oppure dall’attivismo
pro-clima e dalla protesta ambientalista, fino al carcere, il terreno
dell’immaginario collettivo negativo per eccellenza. Porte aperte delle patrie galere alle donne
incinte o con bambini anche al di sotto di un anno. E sottomissione completa
della popolazione ristretta. Gli atti passivi di resistenza all’esecuzione di
ordini, equiparati alla stessa gravità delle violenze o minacce, se posti in
essere da almeno tre detenuti, possono integrare il reato di rivolta con un
aumento dei suoi limiti edittali. Basterà una cella sovraffollata e la
battitura dei blindi, e il reato può sussistere.
Tutto è
funzionale, comunque, ad ammansire, evitare il dissenso, alterizzare e bandire categorie
non gradite, costruire un nemico e dichiarargli guerra. Lo Stato forte vince così sulle “colpe
sociali”, sui problemi che non affronta con politiche di prevenzione,
assistenza, supporto, riequilibrio di ogni divario che oggi si è fatto sempre
più grande. Punire e incutere paura di essere puniti, una risposta con il
guanto chiodato dove c’è invece bisogno di una mano che sappia essere tesa, che
possa accompagnare, rialzare, indicare la speranza di farcela o ricominciare. Una
palestra per esibire il vigore e i muscoli. Le mani in alto è il grido, la
parola d’ordine. Così, naturalmente le armi devono farla da padrona: più armi
allora agli agenti di pubblica sicurezza, che possono possederne oltre quella
di ordinanza, fuori servizio e senza ulteriore licenza. Aggravamenti di pena
per i cittadini che commettono reati di violenza, resistenza o minaccia contro
agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, per lesioni cagionate nei
loro confronti. Non vale il contrario, invece. Quando la violenza è usata dagli
agenti delle forze dell’ordine, non si aggravano le pene per altri casi Cucchi
o Aldrovandi.
Una
strategia illiberale l’ha definita Antigone. Noi potremmo chiamarla La grande
Repressione. Sotto la denominazione di più tutele per le forze dell’ordine e
più sicurezza per tutta la popolazione, si nascondono meno diritti. Per i
cittadini liberi. E anche per quelli ristretti, che liberi non sono, ma non per
questo non hanno diritti. Dove ci sono meno diritti, non servirebbe ricordarlo,
c’è solo meno democrazia.
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