martedì 21 novembre 2023

La GRANDE REPRESSIONE. Note a commento dei recenti “decreti sicurezza”

 di ANTONELLA LA MORGIA

È forse un nuovo sistema penale, via via emanato a pezzi, quello che viene fuori dopo l’ultimo pacchetto sicurezza del Governo. Una produzione penale spinta che preme l’acceleratore di un motore alla massima potenza, reprime nuove condotte e aumenta le pene di altre fattispecie esistenti, in nome di una promessa (solo una promessa propagandistica, però, non una garanzia) di maggiore sicurezza.

Dopo le misure contro i rave party illegali, il reato universale di gestazione per altri, l’omicidio nautico, si toccano adesso nuovi ambiti. Ecco aprire nuovi spazi dove far calare dall’alto la spada penale o rincarare la sua dose. L’occupazione abusiva di immobili, le truffe agli anziani (peraltro già punibili), i blocchi stradali, luoghi percorsi vuoi dalla marginalità oppure dall’attivismo pro-clima e dalla protesta ambientalista, fino al carcere, il terreno dell’immaginario collettivo negativo per eccellenza.  Porte aperte delle patrie galere alle donne incinte o con bambini anche al di sotto di un anno. E sottomissione completa della popolazione ristretta. Gli atti passivi di resistenza all’esecuzione di ordini, equiparati alla stessa gravità delle violenze o minacce, se posti in essere da almeno tre detenuti, possono integrare il reato di rivolta con un aumento dei suoi limiti edittali. Basterà una cella sovraffollata e la battitura dei blindi, e il reato può sussistere.

Tutto è funzionale, comunque, ad ammansire, evitare il dissenso, alterizzare e bandire categorie non gradite, costruire un nemico e dichiarargli guerra.  Lo Stato forte vince così sulle “colpe sociali”, sui problemi che non affronta con politiche di prevenzione, assistenza, supporto, riequilibrio di ogni divario che oggi si è fatto sempre più grande. Punire e incutere paura di essere puniti, una risposta con il guanto chiodato dove c’è invece bisogno di una mano che sappia essere tesa, che possa accompagnare, rialzare, indicare la speranza di farcela o ricominciare. Una palestra per esibire il vigore e i muscoli. Le mani in alto è il grido, la parola d’ordine. Così, naturalmente le armi devono farla da padrona: più armi allora agli agenti di pubblica sicurezza, che possono possederne oltre quella di ordinanza, fuori servizio e senza ulteriore licenza. Aggravamenti di pena per i cittadini che commettono reati di violenza, resistenza o minaccia contro agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, per lesioni cagionate nei loro confronti. Non vale il contrario, invece. Quando la violenza è usata dagli agenti delle forze dell’ordine, non si aggravano le pene per altri casi Cucchi o Aldrovandi.

Una strategia illiberale l’ha definita Antigone. Noi potremmo chiamarla La grande Repressione. Sotto la denominazione di più tutele per le forze dell’ordine e più sicurezza per tutta la popolazione, si nascondono meno diritti. Per i cittadini liberi. E anche per quelli ristretti, che liberi non sono, ma non per questo non hanno diritti. Dove ci sono meno diritti, non servirebbe ricordarlo, c’è solo meno democrazia.

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