di LUIGI MOLLO
La gogna mediatica “è un processo parallelo punitivo quanto il processo penale”, perché “arma” l’opinione pubblica che non è in grado di utilizzare quelle “armi” in maniera corretta. Nel sistema giudiziario italiano, ci sono già norme che possono evitarlo. Quando si crea l’aspettativa della condanna serve un giudice coraggioso per assolvere anche attraverso un equilibrio nell’informazione che lo renda libero di decidere.
Ricordiamoci che i diritti e le sofferenze non sono quasi mai individuali. Famiglie e amici vengono travolti da quell’accidente violento che è “sbattere il mostro in prima pagina” . Pieni di domande a cui ogni avvocato prova a rispondere, cercando le parole per spiegare il senso di quel che sta succedendo a chi non ha colpa, ma ne patisce le conseguenze e ne viene risucchiato. L’impatto traumatico primario/indagato e secondario/famiglia con questo mondo e questa realtà troppo spesso porta alla morte. La gogna mediatica porta alla desocializzazione e alla perdita dell’autostima e della gratificazione personale raggiunta nel tempo.
Il diritto di cronaca giudiziaria, ha l’obbligo di verificare la posizione dell’indagato che, spesso e volentieri finisce in custodia cautelare, per reati di minor disvalore sociale, costretto a subire l’inutile umiliazione del carcere. Molti degli arrestati nel tragitto che li conduce verso il carcere vengono addirittura ammanettati e trattati da veri criminali anche quando i fatti che vengono loro contestati non sono né omicidi, né violenze, né stragi.
Questa giustizia è diversa da quella dettata dalla Costituzione, assomiglia più che altro ad una vendetta sociale. La detenzione preventiva andrebbe prevista solo quale extrema ratio per i crimini gravi, per evitare pericolose recidive che attentano alla vita e all’integrità dell’altrui persona, come per i reati di maltrattamento sulle donne, ad esempio.
La domanda è se il 2023 sia l’anno in cui le Istituzioni umanizzeranno e renderanno efficiente il sistema giustizia in Italia.
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