mercoledì 30 novembre 2022

AM@NETTA, quando il lavoro e la creatività rimettono in carreggiata


Le “t-shirt a due ruote” del carcere di Novara che piacciono ai bikers

di Claudio Bottan

Il tempo libero è il problema dei carcerati! Così pensava il garante dei detenuti del comune di Busto Arsizio durante i primi mesi di incarico, dopo un anno in cui aveva gestito, come volontario, una piccola redazione interna alla casa Circondariale cittadina. Agli occhi di Matteo Tosi, in quei pomeriggi “al fresco”, niente, nemmeno il famigerato sovraffollamento, era sembrato più disumano e disperante dell’essere buttati lì, parcheggiati a non fare niente, senza possibilità di essere utili né di impegnare la testa: davvero “a marcire”, come si augurano solo certi peggiori. Ed era convinto che l’articolo 1 della Costituzione gli desse ragione.

Così, nella primavera 2018, iniziò a cercare l’idea giusta per creare almeno un nuovo posto di lavoro – e poi chissà - all’interno dell’istituto bustocco. Non essendo un imprenditore non sapeva quale attività sperimentare, ma di una cosa era certo: da lì, sotto il logo “a manetta”, sarebbero usciti prodotti ispirati al mondo delle bici e delle moto, sinonimo di “libertà”, come Easy Rider sancì una volta per tutte.

L’equilibrio instabile delle due ruote, poi, sembrava la perfetta metafora di quello che caratterizza il percorso di chi, dentro, prova a rimettersi in carreggiata rischiando di cadere al primo momento di stanca. L’occasione arrivò grazie a un amico – biker anche lui – che offrì i termotransfer che produceva, perfetti per stampare felpe e magliette. La chiusura della quadra fu ideare un vero logo, scegliere il motto “freedom dreamers” e creare i primi disegni, tutti con delle manette “nascoste” utilizzate come ruote, tachigrafo o occhialone dei bikers. Un altro amico, prima ancora che la cosa prendesse forma, gli assicurò uno stand a un evento motociclistico che si sarebbe svolto da lì a poco all’autodromo di Monza. Per fortuna l’Area Trattamentale del carcere di Busto lo autorizzò in breve a sperimentare il progetto fino a fine estate, per capire se fosse un’idea balzana o meno. 

“The Reunion” fu un piccolo ma caloroso successo, più ancora per i sorrisi che per le vendite, così come gli eventi successivi – HAT in testa – a cui il garante fu invitato grazie all’associazione che aveva creato insieme ad altri amici, Camilla e Davide. Così, a fine estate, confermò a chi di dovere la propria intenzione di dare seguito all’idea iniziale e assumere il primo “lavorante”. Per mesi, però, non fu chiamato a presentare il proprio progetto - nonostante lo avesse anticipato durante un Consiglio Comunale - e quando fu convocato la risposta fu picche. E qualche scusa in più.

Il laboratorio, pur rimanendo solo “pensato per il carcere di Busto Arsizio”, era ormai avviato nella sede dell’associazione Brughiera CàDaMat, e coinvolgeva detenuti appena divenuti “ex”, intenzionati a tenersi impegnati e guadagnare qualcosina.

Non era quello che si voleva, ma il nome am@netta rimbalzò per altri eventi e fiere, addirittura al Motor Bike Expo di Verona, e poco prima dell’estate 2019 arrivò all’orecchio di due educatrici della Circondariale di Novara. Una telefonata, un appuntamento per conoscersi, un sopralluogo a un locale del piano terra e una stretta di mano. Qualche giorno per gestire la burocrazia ed ecco l’ok della direzione: a fine giugno arrivò il primo “ragazzo” in prova, Saimir, assunto a inizio agosto. 

Sei mesi di crescita ed entusiasmo, con tanto di seconda assunzione e l’idea di una terza, poi la buriana del Covid e il relativo lockdown – superato solo grazie a qualche commessa conto terzi e alla collaborazione con altre associazioni – e poi la ripresa di gare, eventi e fiere, compresi alcuni appuntamenti specificamente di economia carceraria o ispirati al consumo critico in senso lato. Non è stato facile come sembrava all’inizio, ma am@netta è rimasta in strada, e dall’agosto 2019 porta in giro “le t-shirt a due ruote del carcere di Novara”, e sta ideando due nuove linee ispirate alla musica e allo sport. Perché non è la velocità, ma quanto ci si crede!

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