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Dunque ora sappiamo (ma in realtà già si sapeva) che sempre e comunque il carcere non deve essere punizione fine a se stessa e che la pena sempre e comunque deve tendere alla rieducazione del condannato.
Non solo, ora sappiamo che per trent’anni l’articolo 4 bis (icona dell’emergenza mafiosa) è stato applicato differenziando l’esecutività della pena e perciò violando la Costituzione.
Per chiarire è bene anche precisare che la sentenza della Corte Costituzionale non libera nessuno, semplicemente dichiara che spetta al giudice, che valuta caso per caso, dopo aver letto le relazioni delle autorità penitenziarie, se il condannato all’ergastolo sia ancora pericoloso socialmente o se al contrario, grazie a un provato percorso rieducativo, possa godere dei permessi premio.
Affermazioni, ma soprattutto titoli o articoli del tipo “possibili permessi premio anche a mafiosi e terroristi”, sono pura ideologia: li ritengo scorretti dal punto di vista deontologico perché “orientano” l’istinto e non la ragione, provocano ribellioni a una giusta sentenza, causano ansia e insicurezza senza reale motivo, presentano la realtà dei fatti in modo distorto.
(di Francesco Lo Piccolo - testo pubblicato su huffingtonpost )
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