di Piergiorgio Greco
"Se potessi ricominciare, un milione di chilometri di distanza, vorrei seguire il mio cuore, vorrei trovare un modo". Il cuore dell'uomo, la sua sete di infinito, la possibilità di ricominciare. Sempre. Specie se nella vita ci si è illusi di poter ridurre quel desiderio a donne, droga, alcol. Al superfluo e non al necessario. Ancora una volta, il leggendario Johnny Cash è "entrato" in un carcere per portare quel messaggio di speranza contenuto nel suo rock folk anni Cinqanta: lo ha fatto giovedì 21 marzo, in una splendida serata che si è svolta nella casa circondariale di Chieti, dal titolo "Osservo da vicino questo mio cuore, tengo continuamente gli occhi aperti".
Sul palco, la giovane band Highway 61: otto elementi che hanno energicamente proposto un percorso di canzoni e letture del cantautore americano scomparso nel 2003, protagonista dello storico concerto nella Folsom Prison in California, certo com'era di essere compreso soprattutto dagli ultimi e dai sofferenti.
Insieme alla band, in una serata presentata dal giornalista Luca Pompei, tre lettori d'eccezione: due detenuti e un ex carcerato (che uscito dal carcere ha trovato lavoro presso il gruppo Walter Tosto di Chieti), bravi nel raccontare la vita di Cash. Con loro, il noto doppiatore Elia Iezzi, la cui voce ha declamato le traduzioni delle canzoni proposte. Il concerto-recital è stato introdotto dal comico abruzzese Germano D'Aurelio, in arte Nduccio: è stato proprio lui a pensare di portare lo concerto nel carcere, dopo esserne rimasto affascinato. Insieme a lui, hanno organizzato la serata i ragazzi della band Highway 61, la signora Giulia Guazzieri, della Fondazione Santa Caterina di Pescara, e la responsabile dell'area educazione del carcere di Madonna del Freddo Annamaria Raciti.
"Nella vita - ha detto a più riprese D'Aurelio - è possibile ricominciare sempre. Cash, nel suo percorso affascinante, lo ha dimostrato: aveva tutto, donne, soldi, droga, ma non aveva l'essenziale. Proprio per questo, non si è mai arreso, e ha sempre riniziato a cercare qualcosa di più grande. Si può ripartire sempre, ecco la sua testimonianza. Questo concerto inizialmente si doveva svolgere in un teatro a Pescara, ma ci è sembrato più bello farlo qui in carcere perché c'è bisogno di questo messaggio di speranza".
A fare gli onori di casa, la direttrice dell'istituto penitenziario, Giuseppina Ruggiero, che ha ringraziato i promotori, rimarcando come la musica e le parole di Cash siano davvero un'ottima occasione per meditare su ciò che vale davvero nella vita. All'iniziativa ha fatto arrivare il suo paterno saluto anche monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, che in un messaggio ha detto che " la musica è capace di educare il cuore dell’uomo. La musica unisce i cuori, crea comunione tra le persone e ci aiuta pian piano ad elevare lo sguardo verso la bellezza di Dio".
La vicenda umana e artistica d Cash, ideatore di quel genere musicale che va sotto il nome di "country rock", è stata raccontata con quattordici canzoni, in un itinerario che va dagli anni della giovinezza e delle speranze, passando per quelli delle facili illusioni che fanno rima con cocaina e carcere, fino agli ultimi, intensi anni, segnati dall'amicizia prima, e dall'amore dopo, con June, provvidenzialmente incontrata in una vita che altrimenti sarebbe stata sulla via dell'autodistruzione. "Tutta la vita esige una risposta a questo desiderio di felicità - ha detto in conclusione Marco, la prima voce della band - che continuamente il cuore ci richiama. Quello che ci accomuna è questa ricerca. In cui stasera noi e voi siamo stati compagni di strada".
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