giovedì 2 febbraio 2023

Corrispondenza telefonica

 

di CLAUDIO BOTTAN*

Una persona libera probabilmente non riesce nemmeno lontanamente ad immaginare cosa significhi l’assenza di comunicazione. Noi liberi diamo per scontato di avere sempre a portata di mano almeno un cellulare, che continuiamo a controllare compulsivamente per vedere se ci siamo persi qualche messaggio oppure un like. Occorre un enorme sforzo di fantasia per immedesimarsi nello stato d’animo di una persona detenuta, che ha a disposizione una telefonata alla settimana della durata massima di dieci minuti, sempre a patto che il destinatario della chiamata sia munito di un’utenza fissa. E già questo è un ostacolo, tant’è che il telefono fisso probabilmente ormai ce l’hanno solamente le famiglie dei carcerati. Se invece si deve chiamare verso un cellulare, sempre ammesso che si ottenga l’autorizzazione, devono essere passati almeno 15 giorni dall’ultimo colloquio visivo o telefonico, pertanto non più di due telefonate da dieci minuti al mese.

Più che un colloquio telefonico diventa una corsa ad ostacoli cronometrata, che genera ansia da entrambi i lati; in quei tremilaseicento secondi ci devono stare tutte le ansie, le aspettative, le questioni pratiche, i tentativi di tranquillizzare e di strappare un sorriso. Generalmente si cerca di chiamare sempre allo stesso orario e nello stesso giorno della settimana, una sorta di appuntamento per non rischiare di far squillare il telefono a vuoto. Scatta il cronometro appena dopo il “pronto” e scorre inesorabile e velocissimo, si cerca di parlare in fretta per dire tante più cose possibile, con il rischio di accavallare le voci e la paura di dimenticare qualcosa. L’esperienza insegna che conviene prepararsi un foglietto con annotati gli argomenti in ordine di importanza; però poi succede che dall’altra parte della linea si avvertano lacrime che scendono, paure da stemperare e dolore da lenire. Così il foglietto diventa una pallina accartocciata che finisce nel cestino, tanto non c’era niente di importante che non potesse essere rimandato alla prossima volta. Trenta secondi…chiudere prego. Ciao.

E non si preme "richiama", si aspetta la prossima settimana.


* (da Pane & Malavita - La galera istruzioni per l'uso, di Claudio Bottan, edito da Umberto Soletti Editore - 2017)


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