Rassegna Voci di dentro "Scrivere salva - Vita, coscienza e memoria nella scrittura". Mercoledì 20 luglio, nell'ambito dell'Estate Teatina 2022, Voci di dentro presenterà in Piazza Vico a Chieti (h 21,00) il romanzo di Stefano Redaelli Ombra mai più.
di ANTONELLA LA MORGIA
Il mondo fuori “è socialmente pericoloso” scrive Stefano Redaelli nel suo Ombra mai più (Ed. Neo.), il nuovo romanzo che segue Beati gli Inquieti, in cui l’autore aveva affrontato il tema della follia. Il protagonista Angelantonio Poloni, dopo aver trascorso tre anni in un centro di riabilitazione psichiatrica, scrivendo un romanzo con gli occhi dei pazienti (alla fine si scopre che anche lui lo è), deve ora affrontare il difficile ritorno alla libertà, anche se “nessuno è più libero dei pazienti della Casa delle farfalle”.
Ombra mai più si muove tra il dentro e il fuori e il lettore è trascinato in questa doppia dimensione, come sono l’acqua e la terra per un anfibio. Da un lato quel mondo di fuori non solo è cambiato, ma si rivela ostile e violento verso di lui, lo vede e giudica ancora un debole, uno “sfarfallato”, lo addita e deride, perché lui è quello che è stato lì. Dall’altro il mondo di dentro, la Casa delle farfalle, la struttura riabilitativa dov’è stato internato per un periodo, è ancora il rapporto con l’ombra della sua malattia. Angelantonio Poloni vi torna per un colloquio settimanale con la dottoressa del Centro, torna perché ormai quel mondo gli appartiene e ne sente nostalgia, torna per rivedere quei matti “che non mettono tristezza” che ha lasciato: Carlo, Simone, Angelo, e Marta, la donna per la quale prova ancora attrazione, nell’incerto e confuso sentimento (ma chi non lo prova così?) di corrispondere il suo amore - amour fou – che lei a modo suo gli ha dichiarato.
Uscire da quel mondo chiuso da cancelli e sbarre, benché “ognuno ha un manicomio da cui vorrebbe fuggire”, significa dunque affrontare soprattutto la difficoltà di essere ri-accettati. Allo stesso tempo, ri-accettarsi dopo la malattia mentale, e malgrado questa: a casa, dai genitori, ormai anziani e pieni di acciacchi, dagli editori a cui Angelantonio, “scrittore impaziente psichiatrico”, invia il suo romanzo nell’ansia di una risposta. Accettato mentre cerca di trovare un lavoro, con lo stigma riconosciuto del posto in cui è stato. Accettato anche dalle nuove conoscenze, come il ragazzo egiziano, Rami, anche lui vittima di una società che respinge “l’altro” (l’immigrato, lo straniero), la cui fiducia Angelantonio si guadagna offrendo di aiutarlo per una tesina di scuola, e che è lo specchio di quanto anche il linguaggio (non solo) dei giovani sia cambiato: non meno di un delirio folle le pagine che Redaelli ci regala nel nudo e crudo slang di ultima generazione dei dialoghi tra il protagonista e il ragazzo.
Ombra mai più è perciò un romanzo che in sotterraneo ci sfida con interrogativi su importanti temi sociali: i vecchi e i giovani, la civiltà delle leggi e la loro concreta applicazione nel tempo (che ne è della Legge Basaglia dopo 40 anni?). E poi temi quali il rispetto, l’integrazione, la convivenza, la dignità di chi abbiamo di fronte, il malato mentale che non ha colpa e chi invece di una colpa si macchia, come la banda di ragazzi che delinque per noia, bullizzando e portando alla morte (un caso di cronaca che nel libro è finzione e verità, perché realmente accaduto) un uomo affetto da disagio mentale. “Si risolve così il problema? - scrive Redaelli a proposito dei commenti violenti sulla loro punizione - Creata la bestia la si punisce per la sua bestialità? Sono (solo) loro (le bestie) colpevoli? Se sono bestie, forse sono pecore smarrite?”.
Costruito così su diversi e molteplici piani, il romanzo di Redaelli ha un’architettura esatta, che lega più fili e mai si sfilaccia, tocca con leggerezza la poesia narrativa, non cade nell’enfasi poetica. Il compito di porre al lettore le domande (scomode) anche qui, come nell’altro libro, è assolto. “Decide il lettore. È costretto a farlo, perché la storia gli ha posto delle domande ma non ha dato risposte”. Il romanzo, un piano, una storia: dove sono i folli, dopo che la legge Basaglia ha fatto chiudere i manicomi? Li accettiamo? Cosa accade loro? Nel mondo fuori sono lasciati a loro stessi? Ed ecco un altro piano. Una storia nella storia. La violenza delle baby gang: il protagonista stesso viene aggredito, derubato, da una banda di quartiere, ragazzi in “missione”, violenti per noia, o non si sa perché (ma un perché ci dev’essere). Dal peggio lo salverà proprio il ragazzo egiziano.
Alla fine Angelantonio troverà la sua collocazione in quel fuori. Avrà un lavoro in una libreria, un editore gli risponde, la Casa delle farfalle non è più una tentazione per proteggersi. La salvezza non sarà, non è solo nella scrittura. Scrivere per guarire, per nutrire la letteratura, “per salvare qualcuno o qualcosa dall’oblio”. O per denunciare. In quel mondo di fuori (non è il paradiso ma ci sono motivi per essere innamorati di un paese), la salvezza può venire soltanto disponendosi allo scambio, all’attenzione, all’ascolto, al dono verso l’altro che sempre merita. Umanità. Non altri recinti per bestie. Non disumani castighi. Un patto con la società per cambiare, tagliare il male, come le chiome a un albero perché le radici nascoste diano nuove fronde. Le radici sono sempre profonde. Annusano il mare.
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