lunedì 23 marzo 2020

METAMORFOSI, IL NUOVO NUMERO DI VOCI DI DENTRO

copertina speciale n.30
E' on line il numero speciale di Voci di dentro realizzato (in questi tempi di emergenza) utilizzando Skype e telefono. Dal carcere gli scritti ci sono arrivati per posta ordinaria o sono stati dettati ai familiari durante i colloqui telefonici. Tutto il lavoro è frutto dell’impegno di volontari e di esperti che conoscono a fondo gli istituti penitenziari. Non è stato facile, ma il risultato di questo lavoro sono queste 40 pagine. Troverete gli articoli dei detenuti  delle redazioni di Chieti e Pescara dove scrivono delle loro paure, dei loro desideri e delle loro proteste ancora in atto per ottenere dignità, salute e sicurezza. E ci sono le emozioni e i pensieri dei volontari dell’Associazione e le analisi dei nuovi autori di Voci di dentro come lo scrittore Giovanni D’Alessandro, la professoressa Luana Di Profio, Desirè  Memme, Simona Galante e Internal Observer, pseudonimo con il quale (da oggi) si firma un autorevole dipendente dell’Amministrazione penitenziaria.
La rivista ha per titolo “METAMORFOSI“, ovvero cambiamento di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa, ma anche modificazione funzionale o strutturale di un animale. Trasformazione dunque. E quale parola è più che mai appropriata per descrivere questi nostri giorni al tempo del Covid-19. Giorni che d’ora in poi saranno giorni del prima e del dopo Coronavirus e che stanno  trasformando il nostro mondo e le nostre vite.

In copertina in uno sfondo verde brillante si affaccia il “nostro mostro-virus” che in poche settimane, prima in Cina, poi in Italia e ora anche nel resto del mondo, ha infettato migliaia di persone. Altro che invincibili e padroni della natura: eccoci invece fragili, indifesi, in uno stato di panico collettivo, terrorizzati, mortali. E trasformati: non più gruppi, comunità, società, incontro. Tutti soli, isolati, rinchiusi nelle nostre case, obbedienti alla regola, “prigionieri” in uno mondo militarizzato per “stato d’eccezione per gravi motivi di salute e sicurezza pubblica”. Irrazionali e istintivi (come sempre) dopo il sogno di poter governare la natura con la tecnica. 

Convinti che il male fosse portato dall’esterno, dal diverso, dallo straniero, è così che ora scopriamo (non tutti perché tanti sono fortemente distratti e accecati da un perfetto e funzionale sistema mediatico e penale) che il male viene da noi, è dentro di noi. Le foto dai satelliti ce lo mostrano bene: strade vuote, niente traffico, pochi aerei nei cieli, niente più nubi grigie di particolati e ossido di carbonio che ci avvelenano ed uccidono molto più del Covid-19. Disciplinati e comandati stiamo a casa, anche noi ora prigionieri, quasi agli arresti domiciliari “in una strana affinità di animali in gabbia” come scrive la nostra Silvia Civitarese. Senza nessuna via di fuga come non ce l’hanno gli oltre 60 mila detenuti nelle carceri italiane, ignorati come persone e inascoltati: 13 di loro hanno trovato la morte nella loro folle rivolta tra il 9 e il 10 marzo. Tempo e inchieste ci diranno il come e il perché di questa strage di vite umane. Vite ai margini, esplose per il Coronavirus, ma soprattutto per “cause trascurate, sottovalutate, o volutamente ignorate da chi istituzionalmente ha il dovere morale e giuridico di scandagliare e indagare, nella consapevolezza che tutto ciò che accade lì dentro non è altro che lo specchio del loro fare o non fare”, scrive il nostro Internal Observer. Senza voler comprendere, rammenta il nostro Domenico Silvagni, che un carcere umano conviene a tutti.

C’è una parola che usa dire e scrivere il nostro Ennio: questa parola è riappacificazione. Chissà che la metamorfosi in atto ci porti a questo, “a una primavera senza inferriate” come scrive Giovanni D’Alessandro. E’ una speranza, un grido contro l’isolamento che lancia anche il nostro Christian: “Mi voglio unire a voi che lì fuori state combattendo una grande battaglia e voglio combattere con l’unica mia arma a disposizione, unendomi a voi in un solo grido:  andrà tutto bene. Ce la faremo".

Francesco Lo Piccolo

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