copertina speciale n.30 |
La rivista ha per titolo “METAMORFOSI“, ovvero cambiamento di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa, ma anche modificazione funzionale o strutturale di un animale. Trasformazione dunque. E quale parola è più che mai appropriata per descrivere questi nostri giorni al tempo del Covid-19. Giorni che d’ora in poi saranno giorni del prima e del dopo Coronavirus e che stanno trasformando il nostro mondo e le nostre vite.
In copertina in uno sfondo verde
brillante si affaccia il “nostro mostro-virus” che in poche settimane, prima in
Cina, poi in Italia e ora anche nel resto del mondo, ha infettato migliaia di
persone. Altro che invincibili e padroni della natura: eccoci invece fragili,
indifesi, in uno stato di panico collettivo, terrorizzati, mortali. E trasformati:
non più gruppi, comunità, società, incontro. Tutti soli, isolati, rinchiusi
nelle nostre case, obbedienti alla regola, “prigionieri” in uno mondo
militarizzato per “stato d’eccezione per gravi motivi di salute e sicurezza
pubblica”. Irrazionali e istintivi (come sempre) dopo il sogno di poter
governare la natura con la tecnica.
Convinti che il male fosse
portato dall’esterno, dal diverso, dallo straniero, è così che ora scopriamo
(non tutti perché tanti sono fortemente distratti e accecati da un perfetto e
funzionale sistema mediatico e penale) che il male viene da noi, è dentro di
noi. Le foto dai satelliti ce lo mostrano bene: strade vuote, niente traffico,
pochi aerei nei cieli, niente più nubi grigie di particolati e ossido di
carbonio che ci avvelenano ed uccidono molto più del Covid-19. Disciplinati e
comandati stiamo a casa, anche noi ora prigionieri, quasi agli arresti
domiciliari “in una strana affinità di animali in gabbia” come scrive la nostra
Silvia Civitarese. Senza nessuna via di fuga come non ce l’hanno gli oltre 60
mila detenuti nelle carceri italiane, ignorati come persone e inascoltati: 13 di loro hanno trovato la morte nella loro folle rivolta tra il 9 e il 10 marzo.
Tempo e inchieste ci diranno il come e il perché di questa strage di vite
umane. Vite ai margini, esplose per il Coronavirus, ma soprattutto per “cause
trascurate, sottovalutate, o volutamente ignorate da chi istituzionalmente ha
il dovere morale e giuridico di scandagliare e indagare, nella consapevolezza
che tutto ciò che accade lì dentro non è altro che lo specchio del loro fare o
non fare”, scrive il nostro Internal Observer. Senza voler comprendere,
rammenta il nostro Domenico Silvagni, che un carcere umano conviene a tutti.
C’è una parola che usa dire e
scrivere il nostro Ennio: questa parola è riappacificazione. Chissà che la
metamorfosi in atto ci porti a questo, “a una primavera senza inferriate” come
scrive Giovanni D’Alessandro. E’ una speranza, un grido contro l’isolamento che
lancia anche il nostro Christian: “Mi voglio unire a voi che lì fuori state
combattendo una grande battaglia e voglio combattere con l’unica mia arma a
disposizione, unendomi a voi in un solo grido:
andrà tutto bene. Ce la faremo".
Francesco Lo Piccolo
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