EMERGENZA CORONAVIRUS
- COMUNICATO DI VOCI DI DENTRO
Nelle condizioni in cui si trovano oggi le carceri italiane
(scarsità di cure adeguate, sovraffollamento, acqua calda spesso razionata,
poca igiene), per evitare epidemie al suo interno anche in considerazione della
fragilità della popolazione con il conseguente trasferimento d’urgenza in
ospedale di decine di detenuti eventualmente affetti da Coronavirus - aggravando perciò il sistema sanitario
nazionale sempre più a corto di posti letto e di sale di rianimazione (dopo i
tagli alla sanità di questi ultimi anni) -
questi dovrebbero essere i provvedimenti da avviare immediatamente:
1) scarcerazione e invio ai domiciliari di anziani, malati gravi terminali,
persone con disfunzioni cardiache o affetti da Aids e epatiti, come del resto
dovrebbe essere se davvero si volesse tutelare il diritto alla salute, il
rispetto della dignità e l’umanizzazione del trattamento, come è garantito
dalla Costituzione, dalla riforma del 1975, dalla legge Gozzini del 1986, dal
nuovo regolamento penitenziario del 2000, dalle
tante Raccomandazioni del Consiglio d’Europa;
2) indulto per tutti i detenuti con pene inferiori ai tre anni,
provvedimento che riguarda ad esempio persone che hanno già scontato 28 anni e
ne devono scontare solo due, oppure persone che sono state recentemente
incarcerate per un cumulo di pena di uno, due o tre anni e per un fatto magari
accaduto dieci anni prima. Per essere precisi:
8.682 le persone che hanno da scontare in carcere ancora un periodo inferiore
a un anno, 8.144 con un residuo di pena di due anni e 6.171 persone che devono
restare ancora in carcere per un periodo fra i due e i tre anni;
3) scarcerazione di 54 mamme e dei loro 59 bambini attualmente detenuti in
9 istituti, mettendo così in pratica le tante inutile promesse (“mai più
bambini in carcere”) che da almeno un decennio hanno fatto tanti ministri,
politici, governanti vari, di tutti i partiti, di tutti i colori. Nel frattempo, in carcere, quei 59
bambini la prima parola che hanno imparato a dire non è stata “mamma”, ma
“ispettore apri”.
4) blocco dei nuovi ingressi per reati minori, pregressi e cumuli di pena,
5) provvedimenti di detenzione domiciliare,
6) affidamento ai servizi sociali del maggior numero di detenuti.
In definitiva un’azione deflattiva che: 1) eviterebbe
concretamente un’altra eventuale emergenza oltre a quella che sta già
sopportando l’Italia, 2) verrebbe realmente incontro (e non con divieti o
palliativi) alle paure che ci sono tra i detenuti e tra i loro familiari, 3) permetterebbe
ai detenuti rimasti all’interno degli istituti di avere cure più adeguate e
maggiori possibilità di colloqui via skype e via telefono con i loro parenti.
Il direttivo dell’Associazione Voci di dentro Chieti,
08/03/2020