martedì 27 febbraio 2018

Qanndo si spengono le luci

Sabato 24 febbraio, Voci di dentro ha messo in scena nel carcere di Pescara “Quando si spengono le luci”, testo di Erika Mann, adattamento di Carla Viola, regia di Alberto Anello. Sul palcoscenico 21 interpreti tra detenuti e volontari di Voci di dentro: sono operai, studenti, commercianti, un imprenditore, un giornalista, una contadina, una coppia di giovani innamorati, gente comune nella Germania sotto Hitler poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.


QUANDO SI SPENGONO LE LUCI clip from vocididentro on Vimeo.



Tutto si svolge in una stazione di una città di provincia, alle ore nove di sera quando arriva un treno dal quale scende un uomo con la valigia, un viaggiatore che a poco a poco ci porterà a scoprire il clima di sospetto, di violenza e di asservimento che avvolge i vari personaggi sulla scena, tutti alle prese con il regime, tutti consapevoli, ma impotenti, di fronte a una tragedia ormai avviata e che porterà poi all’Olocausto e che forse si sarebbe potuto evitare.
La rappresentazione mette in mostra la follia collettiva (dalla quale ancora non siano immuni visti i cattivi esempi che avvengono in questi anni un po’ ovunque in Europa) e ha aiutato il lavoro che Voci di dentro fa all’interno delle carceri, per rimuovere violenze e sopraffazioni, per responsabilizzare le persone detenute, per diffondere quei valori che oggi sono sempre più calpestati in nome dell’accumulazione e del possesso. Un lavoro che Voci di dentro promuove con i laboratori di scrittura, con la realizzazione di un giornale, con la fotografia, con tutte le sue attività finalizzate a togliere alle persone in carcere la divisa e il marchio del detenuto. Divisa e marchio che il carcere, per sua natura, per come è costruito e per lo scopo che ha, (e non solo il carcere) invece che rimuovere, non fa altro che coltivare e mantenere.
Per questo dunque il teatro e questa rappresentazione in carcere: non tanto per mostrare la capacità di imparare un copione a memoria e ripeterlo con espressività su un palcoscenico, ma come un momento di studio e di riflessione, come momento di incontro tra persone, di dialogo e di confronto alla scoperta dell’altro, del rispetto, della fiducia e della collaborazione, contro resistenze, pregiudizi e insicurezze che possono creare fratture e muri. Perché le vite degli altri sono le nostre vite.

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