domenica 2 aprile 2023

In carcere una semplice e straordinaria storia

 “Dammi la mano sinistra e l’altra appoggiala sotto il gomito. Stai dritto e quando lo dico io mi lasci andare. Un, due, tre...stai dritto, senza paura. È come un giro di valzer, e vai così. Adesso molla!”. No, non è una lezione al corso di ballo. Sono le istruzioni di Simona al suo Claudio per il giro di valzer che le permette di passare dalla carrozzina al letto, con un’ironia che mette a proprio agio anche il più impacciato e impaurito tra gli amici. “ Le riesce benissimo, perché ti fa sentire come il cavaliere che ha appena riaccompagnato al tavolo la sua dama al gran ballo delle debuttanti”.

Inizia così il cammino fatto di sostegno reciproco di due persone che, insieme, hanno vinto ostacoli e pregiudizi. Due persone che sono i protagonisti di  una storia semplice e straordinaria, una storia emozionante. Una storia che è stata raccontata nel carcere di Chieti dove lo scorso 30 marzo nel teatro dell’istituto di Madonna del Freddo hanno fatto il loro ingresso, assieme i volontari di Voci di dentro,  Claudio Bottan e Simona Anedda, lui detenuto in affidamento in prova al servizio sociale e lei affetta da sclerosi multipla. 








Una storia che ha trasformato una delle tante giornate del carcere in un momento straordinario. 


"Ha mostrato – ha detto Maria Rosaria Parruti, presidente del Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila -  come anche grazie al carcere si possa cambiare”.

Autorizzato dal magistrato di Sorveglianza di Roma e dal direttore del carcere di Chieti, Claudio Bottan è infatti tornato dentro da visitatore per trasmettere un messaggio di speranza e positività.  Lo ha fatto assieme a Simona della quale si prende cura da sette anni. “Lui è le mie braccia e le mie gambe – dice Simona – lui è il mio tutto”.

Davvero difficile trasmettere le emozioni di quella giornata. Bisogna esserci stati

“Andiamo a portare la nostra testimonianza alle persone recluse spiegando che si tratta di una storia replicabile - dice Claudio - tant’è che prossimamente, con Voci di dentro, vorremmo avviare corsi di formazione per trasformare i “piantoni” in “assistenti alla persona”, un mestiere spendibile nel mondo libero”.

“Non avrei mai potuto immaginare di finire galera, ma c'è sempre una prima volta – dice Simona - Ho avuto l'opportunità di entrare (da ospite) nel carcere di Chieti per raccontare la mia prigione, quella rappresentata dalla malattia che si è impadronita del mio corpo: una condanna che non prevede un "fine pena". Anche io vivo ingabbiata, ma ho la fortuna di poter portare le mie sbarre ovunque voglia. Per questo spero di essere riuscita a trasmettere un messaggio positivo alle persone detenute che mi hanno ascoltata. Uno di loro ha voluto donarmi il faro, un modellino che aveva costruito per la sua famiglia: "La tua testimonianza – mi ha detto - ci ha illuminato. Tenga il mio faro, io ho ancora molto tempo a disposizione per costruirne un altro".

“La scrittura mi ha salvato, mi ha reso libero” dice Claudio che è socio volontario di Voci di dentro e redattore della rivista – E’ stato proprio grazie ad una intervista che ha conosciuto Simona Anedda nel 2016. Da allora è cominciato un cammino, insieme”.

Un cammino dove uno aiuta l’altra e viceversa.

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