Pubblichiamo in anteprima l'articolo di Francesco Lo Piccolo, direttore di Voci di dentro
Noi siamo George Floyd.
Noi siamo George Floyd.
Noi, cittadini di questo mondo che siamo di pelle nera, vite
uguali ma considerate disuguali, e nei fatti disuguali, discriminati nel
lavoro, nella possibilità di avere un mutuo per la casa, con un’aspettativa di
vita inferiore a quella dei bianchi, con una mortalità infantile superiore,
rinchiusi nelle periferie e nei ghetti.
Noi, neri uccisi a migliaia in America, uomini e donne, di Los Angeles, Ferguson, Baltimora,
Minneapolis, Atlanta… noi uomini e donne, nomi e cognomi come quelli scritti
nel murales dedicato a Floyd: Ahmaud Arbery, Breonna Taylor, Eric Garner,
Trayvon Martin, Jordan Davis, Rekia Boyd, Freddie Grey, Tamir Rice… nomi
scanditi dal reverendo Al Sharpton al santuario della North Central University
il 4 giugno 2020. Uomini e donne eredi di quei neri che hanno materialmente
costruito l’America di oggi, con le sue strade e i suoi grattaceli.