lunedì 4 novembre 2013

La telefonata della Cancellieri? che sia l’occasione per una umanizzazione delle carceri



Pubblichiamo qui l'articolo di Ornella Favero, Ristretti Orizzonti:

Suicidi, trasferimenti, patologie gravissime ritenute compatibili con il carcere, permessi di necessità che arrivano solo quando il familiare è in punto di morte, o già morto, parenti trattati come colpevoli: di temi sui quali sarebbe utile riflettere, sull’onda di questa telefonata del ministro Cancellieri a tutela della detenuta Giulia Ligresti, ce ne sono tanti, e chiamano in causa tutto il sistema della Giustizia.
“La Giustizia non può restare privilegio di chi abbia il numero di telefono del ministro o la ventura di conoscere un giornalista”, scrive sul Corriere Luigi Ferrarella, uno dei cronisti di giudiziaria più attenti e sensibili. Questa questione però non riguarda solo la vicenda del Ministro, e neppure solo l’ambito della Giustizia, ma è l’essenza dei disastri del nostro Paese, del senso di frustrazione dei cittadini che non hanno i numeri di telefono di quelli “che contano”, della fatica che si fa per veder tutelato un proprio diritto: se non conosci le “persone giuste”, se non hai qualche aggancio nel mondo dell’informazione, se non hai la forza della disperazione che ha tenuto in piedi una come Ilaria Cucchi, non riesci in alcun modoa veder rispettati i tuoi diritti.

Noi di Ristretti Orizzonti, che da anni cerchiamo di dare dignità a chi si suicida in carcere, o muore per cause non chiare, o per negligenze e disattenzione, raccogliendo e pubblicando tutte le notizie che riusciamo a trovare su quelle persone, non vogliamo affatto criticare l’umana compassione che ha mosso il Ministro, ma pensiamo anche che questa telefonata per la salute di Giulia Ligresti debba diventare l’occasione di una riflessione seria, e di alcune proposte:
 
È ora di procedere all’Istituzione del Garante nazionale per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e delle persone private della libertà personale, perché non si può più pensare che la vita delle persone recluse sia affidata alla sensibilità di qualche funzionario più attento. Nell’attesa che il Parlamento si muova per istituire il Garante, il Dap apra una linea diretta, agile e che dia risposte subito, per le segnalazioni dei casi critici, parli con i famigliari, ascolti i Garanti locali, i volontari, dia garanzie di intervenire in tempi rapidi.

Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria è una macchina gigantesca e poco trasparente, noi sosteniamo che bisogna procedere alla sua umanizzazione, perché non è umano, per esempio, il modo in cui i detenuti vengono trasferiti, non è umana la scarsa attenzione alla loro salute, che c’è in tante carceri, non è umano il modo in cui troppe volte vengono trattati i famigliari. 
 
Ai fini di questa umanizzazione, chiediamo che il Volontariato, che opera in tutte le carceri a stretto contatto con le persone detenute, abbia un ruolo nuovo, più chiaro e meno subalterno, e sia coinvolto in tutte le Commissioni che il Ministro ha istituito per trovare soluzioni al sovraffollamento e avviare una
Riforma dell’Ordinamento penitenziario.
 
I giornali e le realtà dell’informazione che operano dentro le carceri, con il coinvolgimento diretto delle persone detenute, devono ogni giorno lottare per strappare qualche centimetro di libertà e un po’ di ascolto. Non sarebbe ora invece che gli fosse riconosciuto in modo trasparente il diritto a fareinformazione dal carcere, dal luogo cioè reso più insicuro, malsano e pericoloso proprio dall’assenza di trasparenza?

Il Ministro promuova iniziative di sensibilizzazione della società su questi temi, perché il carcere e le pene ci riguardano tutti, non ci sono i “buoni” da una parte e i “cattivi” dall’altra, e noi di Ristretti Orizzonti su questa questione abbiamo la presunzione di poter insegnare qualcosa, perché incontriamo ogni anno migliaia di studenti, che entrano in carcere per confrontarsi con le persone detenute, che a loro volta mettono a disposizione la loro testimonianza per aiutare i ragazzi a capire i rischi di certi comportamenti.

Per finire, non è arrivato finalmente il momento di confrontarsi con i dati sui suicidi e sulle “morti di carcere” sulla base di una effettiva trasparenza, visto che noi i dati li pubblichiamo sempre, e non i semplici numeri, ma tutto quello che riusciamo a sapere di quelle persone, che sono comunque persone morte, persone che non ci sono più, persone che noi chiediamo solo di ricordare con un po’ di umanità.

Gentile Ministro, a noi Lei sembra una persona sensibile, non ci interessa per niente criticarla per quella telefonata, ma non ci basta la compassione e la pietà per chi vive nelle condizioni disumane delle nostre galere, è troppo poco, vogliamo che qualcosa cambi, e ci sono tante cose che Lei sta faticosamente cercando di cambiare, ma ce ne sono altrettante, e di questo vorremmo parlare, che possono cambiare da subito senza aspettare che cambino le leggi.

Lei ha dichiarato “Io sono il responsabile diretto della vita dei carcerati, mi sono mossa per il rischio di un suicidio”. Ecco, Lei è il responsabile diretto della vita dei carcerati, a Lei noi ci rivolgiamo perché quella vita deve avere più garanzie e più certezze di essere tutelata.

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