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Il progetto parte da lontano: da oltre cinque anni, infatti, nelle case circondariali di Chieti, Pescara, Vasto e Lanciano una cinquantina di detenuti scrivono su una rivista regolarmente registrata in tribunale, direttore responsabile Francesco Lo Piccolo, ex giornalista del Messaggero. La rivista, edita dalla omonima Onlus, si chiama Voci di dentro, tre-quattro numeri all’anno, 32-40 pagine, a colori, carta patinata, 3-4 mila copie, ma sfogliabile anche on line.
I testi che appaiono sulla rivista affrontano argomenti di cultura, attualità, cronaca, e sono corredati dalle foto degli autori (come qualunque altro editorialista). Per ogni numero che contiene mediamente 30-50 articoli e/o commenti vengono raccolti anche 500 testi, tutti successivamente vengono selezionati con cura, raggruppati per argomenti e infine vengono scelti quelli più rappresentativi. Alla fine del lavoro (senza alcuna manipolazione o modifica dei testi, ma solo una piccola correzione, se è il caso, nella sintassi e nei verbi) ecco il prodotto terminato. Ma è solo la prima parte: il resto ovvero l’impaginazione da novembre dello scorso anno viene fatta fuori dai detenuti grafici e giornalisti che hanno ottenuto l’accesso ai corsi di informatica e giornalismo sempre organizzati da Voci di dentro Onlus e che escono dal carcere durante la giornata in regime di “lavoro esterno”. Cristian, Nicola, Daniele e Osman sono i primi quattro, e da un mese e mezzo al gruppo si è anche aggiunto Ermanno, un detenuto agli arresti domiciliari. Una task force di cinque detenuti-giornalisti che usufruiscono di questa opportunità e che operano nella sede dell’Associazione a Chieti in via De Horatiis, a due passi da Questura, Prefettura, Comune.
La rivista, inviata gratuitamente in tutta Italia, in più occasioni è stata anche distribuita sui pullman Pescara-L'Aquila-Roma per far conoscere e far riflettere, e per mostrare al mondo di fuori non il carcerato ma l'uomo. “L'altro” che non è il solito stereotipo con tatuaggi, duro e cattivo, ma una persona con famiglia, figli, padri. Persona in carne ed ossa che si ri-mette in gioco e che vuole essere di nuovo, una volta scontata la pena, parte attiva e utile alla società. Dice il direttore Francesco Lo Piccolo: “In carcere ci sono persone che hanno molto da dire, basta aiutarli ad esprimersi; la scrittura, quella che nasce da dentro, è una scrittura che vola alto e che ha un doppio scopo: aiuta a conoscersi, e dunque automaticamente rieduca, e fa conoscere. E sa dare emozioni anche forti. Un esempio? La pittrice italo-americana Mila Hajjar Tapperi che si trovava in Italia in vacanza, ha trovato in pullman la rivista, se l'è portata in America, l'ha letta in volo, ha fatto un quadro utilizzando la copertina della rivista e in una lettera inviata alla redazione ha scritto così: Le vostre voci le ho assorbite, ora fanno parte di me, e arrivano lontano, oltrepassano l'oceano e camminano senza fermarsi, parleranno nelle mie mostre a Miami e New York”.
Conclude Lo Piccolo: “Al gruppo che segue i corsi di scrittura che teniamo nelle quattro carceri di Chieti, Pescara, Vasto e Lanciano dico di scrivere “a occhi chiusi”, facendo uscire il pensiero nel modo più genuino, senza filtri o mediazioni. Questo perché credo che non occorrano grandi maestri: la vita stessa è una grande maestra, basta raccontarla. E vi assicuro che loro, le persone ristrette, spesso persone che provengono da situazioni di grande degrado, di cose da raccontare ne hanno davvero tante”.
Quattordici e trenta, la pausa pranzo è finita: ora Cristian, Nicola, Daniele, Osman e Ermanno sono già al lavoro: “Stiamo preparando la prima pagina del numero 17 - spiegano Cristian e Daniele - usiamo fotoshop e Adobe Indesign. A maggio il nuovo numero sarà in stampa”.
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