Applausi a scena aperta all’Auditorium De Cecco di Pescara dove è andato in scena “Il due di picche” spettacolo teatrale del laboratorio teatrale del carcere di Pescara con 12 attori detenuti nell’ambito del percorso trattamentale “Liberamente” condotto in collaborazione con l’Associazione Onlus “Ad Hoc” presieduta da Manuela Tabossi.
Il lavoro è stato scritto su misura per ciascun detenuto attore da Manuela Tabossi, all’esito di un percorso trattamentale che ha posto i detenuti partecipanti faccia a faccia con se stessi e con le proprie scelte esistenziali, un percorso incentrato sulla rielaborazione delle storie di vita di ciascun recluso e sull’attivazione delle personali risorse positive e che ha determinato, per tanti, un cambiamento di vita.
Il lavoro è stato scritto su misura per ciascun detenuto attore da Manuela Tabossi, all’esito di un percorso trattamentale che ha posto i detenuti partecipanti faccia a faccia con se stessi e con le proprie scelte esistenziali, un percorso incentrato sulla rielaborazione delle storie di vita di ciascun recluso e sull’attivazione delle personali risorse positive e che ha determinato, per tanti, un cambiamento di vita.
Dicono il direttore dottor Pettinelli e il dirigente aggiunto dottoressa Avantaggiato: “E’ stato e rimarrà un percorso di cambiamento. Un cambiamento che si è potuto compiere, perché una fitta rete di operatori è stata capace di stringersi attorno alle persone detenute, di trovare in loro la chiave per varcare il confine labilissimo che divide il bene dal male, direzione bene.
Un percorso che è stato reso possibile dal carisma di Manuela Tabossi, conduttrice del laboratorio e dalla sua eccellente collaboratrice Angela Di Savino; dai modelli rieducativi attuati dalla competenza professionale e dalla sensibilità umana di due eccellenti educatrici D.ssa Olivieri e D.ssa Di Febo; dal contesto favorevole creato dagli operatori di Polizia Penitenziaria , impegnati nel superare i mille ostacoli che si frapponevano alla riuscita del percorso stesso. Un cambiamento reso possibile dal grandissimo senso di umanità e dalla pressocchè totale disponibilità sempre dimostrati nei fatti dai volontari della CRI che collaborano con il carcere di Pescara, i quali, per l’occasione, si sono fatti carico dell’accompagnamento dei detenuti in permesso premio, nonché di prestare ogni necessario supporto all’iniziativa stessa; un cambiamento accompagnato, altresì, dai volontari della Caritas diocesana sempre fattivamente ed efficientemente presenti. Un percorso che, soprattutto, ha visto l’accompagnamento di tanti attori – libere persone le quali si sono materialmente poste accanto ai detenuti, sostenendoli nel lavoro teatrale, ma offrendosi come riferimento ed aiuto anche nel disagio della carcerazione.
Il palcoscenico sul quale detenuti e persone libere si sono esibite non è solo quello del teatro, ma esso diventa metaforicamente il palcoscenico della vita: una recita di parti, di scelte ed una condivisione di esperienze; un palcoscenico sul quale si può rappresentare un lavoro bello ed emozionante, puntando alla scoperta delle positive risorse di ciascuno, nella reciproca disponibilità all’accoglienza dell’umanità di ciascuno. In concreto è stato portato all’esterno del carcere “un pezzo di carcere”, per far conoscere un altro aspetto della realtà: il carcere non è solo sbarre e privazione di libertà; il carcere è anche “cammino” che, se attuato con disponibilità, ben può condurre al cambiamento. La criminalità non è solo nefandezza ed atrocità; anche nel mondo oscuro del crimine possono nascondersi persone con sentimenti e risorse positive che, se scoperte, ben possono diventare la chiave di svolta nelle esistenze.
Infatti il progetto teatrale rappresentato è parte di un percorso chiamato “Liberamente” perché soltanto una conoscenza che raggiunge i tanti aspetti di una stessa realtà, soltanto una conoscenza che vede anche l’altra faccia della stessa medaglia, può essere una conoscenza vera, libera da pregiudizi, per l’appunto espressione di una “mente libera”.
Il testo di una canzone che è una poesia recita: “caro Bambino Gesù, dal volto mezzo pulito e mezzo sporco di terra per chi non ha sogni e nemmeno un vestito”. E’ una canzone bellissima, un percorso introspettivo alla ricerca del volto mezzo pulito che alberga in ognuno, accanto al mezzo volto sporco di terra. Una poesia che è un po’ anche un appello alla misericordia, alla pietà cristiana.
Con il progetto “Liberamente” vogliamo puntare i riflettori dell’informazione e della conoscenza su un altro aspetto della realtà penitenziaria, un aspetto spesso sommerso, un aspetto che però è nelle persone condannate. Una mente è libera quando può conoscere la luce che è anche nelle persone condannate e che rischiara quella metà volto pulito.
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