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mercoledì 13 febbraio 2013

Voci 18 - Febbraio 2013

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info e linee guida

per volontari e tirocinanti

Premessa:

Voci di dentro è una associazione di volontariato nata nel 2008 e che si occupa di disagio. Voci di dentro è un’associazione-rganizzazione a 360 gradi che intende dare nuove chance a chi di chance ne ha avute poche, aprire porte e abbattere muri, diffondere valori di giustizia e rispetto dei diritti, mettere semi per un mondo migliore dove alla base di tutto c’è l’uguaglianza sociale ed economica delle persone. Il nostro lavoro si svolge dentro il carcere e fuori dal carcere. L’associazione è impegnata in un insieme di attività dedicate alla diffusione del diritto penale minimo, alla eliminazione di un sistema penale fondato sulla punizione senza fine, alla
promozione dell’uso delle pene alternative, al reinserimento e all’aiuto delle persone in stato di disagio, con particolare attenzione a chi si trova, o si è trovato nel passato, in detenzione. Dieci anni di lavoro dentro e intorno al mondo del carcere, a contatto diretto con detenuti e con strutture e figure che si occupano di sicurezza, rieducazione e controllo, compreso il sistema penale e giudiziario, ci hanno permesso di comprendere molto in questo campo. Ad esempio che la pena del carcere e lo stesso innalzamento delle pene non sono un deterrente; che in carcere in molti casi si perfezionano comportamenti e capacità devianti; che i danni sociali e culturali delle istituzioni totali sono maggiori dei benefici; che la pena non è non può essere retributiva (mai ci sarà pareggio tra un male con un altro male); che il carcere non rieduca visto che 7 detenuti su 10 ritornano in carcere. L’associazione opera con i suoi volontari e con l’aiuto di molti tirocinanti e stagisti dell’Università d’Annunzio di Chieti che sono inseriti all’interno di Voci di dentro e seguiti da un tutor nelle attività e nei laboratori in carcere e in sede.

Carcere e detenuti:

i detenuti sono persone che - all’interno di un sistema sociale
economico-finanziario che vede al primo posto l’utilitarismo, il profitto, il consumo, l’uso, il dominio - hanno “ferito” il prossimo approfittandosi di persone più deboli, usando violenza e sopraffazione, pensando unicamente a soddisfare i loro interessi, vedendo l’altro come ostacolo e non come persona;
i detenuti sono individui marginati e marginali: molti tra loro non hanno avuto chance, altri scientemente (chi più e chi meno) hanno compiuto scelte sbagliate, altri ancora o non sono stati capaci di vedere altre scelte, o non avevano che una sola scelta, o sono finiti nel circuito penale per un errore di un momento. Persone che fanno soffrire e che a loro volta soffrono; disuguali in un mondo ancora ingiusto governato oggi più di ieri da fanatismi e populismi; deumanizzati e deumanizzanti; i detenuti all’interno del carcere diventano vittime di una istituzione totale che nei fatti e a dispetto dei tanti propositi (art. 27 della Costituzione) li spoglia dei loro diritti, applicando sistemi infantilizzanti, deresponsabilizzandoli e rinchiudendoli tutti assieme (piccoli ladruncoli alle prime armi, mafiosi e camorristi, poveri e ricchi, stranieri, giovani e vecchi, malati e sani, dipendenti da sostanze, alcool, gioco, colletti bianchi, eccetera) in sezioni e celle molto spesso per 16 ore al giorno; i detenuti (specialmente quelli con una lunga storia di carcere alle spalle) pur essendo vittime e pur solidali fra loro (se e quando serve) spesso ripropongono le stesse dinamiche sociali (discriminazione, sopraffazione, violenza) che “governavano” la loro vita prima di finire in carcere; i detenuti sono contenuti in luoghi angusti dove rieducazione e attività risocializzanti sono solo parole per effetto di una organizzazione – burocratizzazione che privilegia innanzitutto la sicurezza, il contenimento, la punizione fine a se stessa. Non a caso in media negli istituti penitenziari italiani ci sono un agente ogni due detenuti, mentre c’è un solo educatore ogni 60 detenuti; i detenuti (ma un po’ tutti in questa società moderna dell’apparire, dell’avere, del consumo) sono fragili emotivamente e psicologicamente e, per effetto dell’isolamento sociale, di una prospettiva ridotta, di una vista che si ferma a pochi metri dai loro occhi, di una povertà nei rapporti sociali (per anni si relazionano solo tra loro e solo con persone che ordinano dunque all’interno di uno spazio dove la disparità di potere è regola), l’incontro-relazione col mondo esterno e cioè con volontari e studenti tirocinanti spesso può venire travisato e reinterpretato.

Volontari e tirocinanti:

I volontari e i tirocinanti non sono giudici, non sono preti, non sono educatori/rieducatori con una verità assoluta da imporre. Sono semplicemente delle persone che portano all’interno del carcere progetti di lavoro improntati alla diffusione della cultura, della conoscenza, del rispetto dei diritti per una civile convivenza. Persone che incontrano altre persone che hanno sbagliato (questo non va mai dimenticato) ma che per questo, tali persone non sono diventate uno sbaglio, un errore, uno stigma impresso come un marchio nella carne. I volontari e i tirocinanti sono un ponte e non un muro, una porta aperta e non una porta chiusa. Il loro lavoro è un lavoro di gruppo e nei gruppi di lavoro. Dunque non lavoro individuale. Insieme, nella discussione, nelle relazioni, nel dialogo e attraverso le varie attività, si cerca di costruire una complessità di azioni che possono rimuovere e favorire la rimozione di pregiudizi, distorsioni cognitive, esclusioni, dogmi, rappresentazioni della realtà basate su luoghi comuni. Una complessità di azioni contro gli stereotipi per eliminare diffidenze, rimarginare ferite, togliere corazze (per difesa e per offesa) fatte da anni di vita carceraria. Una complessità di azioni per far scomparire il carcere (per quanto possibile ma facendo il possibile) e far comparire la società civile, la società del rispetto, della regola uguale per tutti: un luogo dove si comincia a costruire e a praticare un luogo diverso, quello del fuori e non del dentro. Un luogo dove si può pensare un futuro diverso da quello passato e dove il carcere è sempre più lontano, mentre si fa più vicina una “città” (per questo negli spazi assegnati a Voci di dentro ci sono laboratori di dialogo, di scrittura, di studio, di attività manuali, di lavoro) che unisce e non discrimina e tantomeno separa. Dove insieme (detenuti e volontari e tirocinanti) si liberano entrambi dallo stigma e dall’etichetta impressa dal sistema sociale, mediatico e penale. Un percorso di crescita per tutti e di responsabilizzazione secondo quanto recita l’articolo 27. In carcere volontari e tirocinanti operano in gruppo, si confrontano continuamente, e vi entrano preparati, con un bagaglio di studi e conoscenze per affrontare una realtà dove sono concentrate tutte le complessità della nostra società e i suoi errori. Errori che ricadono sulle stesse persone, umane perciò imperfette, con debolezze, disagi, istinti, paure, follie.

Linee guida:

Precisato inoltre che il senso e le finalità del progetto Voci di dentro non sono quelle di fare assistenza o opera di carità o alleviare le sofferenze dei detenuti all’interno del carcere (inevitabilmente si porta aiuto e comprensione ma sono conseguenti alle varie attività) elenchiamo qui alcune linee guida che pur sembrando estremamente impegnative (ma ciascuno contribuisce nel tempo che ha e quando può) in realtà sono più semplicemente una specie di faro e dunque di orientamento e aiuto:

1 - Le attività possono essere svolte dopo aver ben compreso
il sistema penitenziario, i meccanismi che lo regolano, i limiti che abbiamo all’interno di questa istituzione.

2 - L’ingresso all’interno del carcere come volontario o tirocinante avviene dopo un percorso di formazione e di studio sul tema della devianza, sulle funzioni del carcere e della pena.

3 - Il percorso di formazione prevede incontri e discussioni con esperti e operatori dell’associazione (ex detenuti, docenti, volontari anziani).

4 - Una volta immessi nella struttura, volontari e tirocinanti si avvicenderanno (evitando la cristallizzazione in un solo settore) in tutte le attività e in tutti i progetti che vengono organizzati e coordinati nei tanti gruppi di lavoro che quasi quotidianamente sono attivi presso la sede dell’Associazione a Chieti, in via C. De Horatiis, n.6. (Progetti in sintesi: laboratori nel carcere di Chieti e in quello di Pescara; realizzazione del periodico “Voci di dentro”; lavoro di ricerca e studio sul tema della giustizia; attività nella sede di via De Horatiis e partecipazione alle attività con articoli 21, ex detenuti, affidati dalla Uepe;lavoro nell’ archivio del tribunale di Pescara per il recupero e di reinserimento sociale di persone ristrette o in misure alternative alla detenzione o in messa alla prova; attività teatrali; progetto “carcere, oltre i luoghi comuni”: una serie di incontri fra studenti della scuola superiore e corpo insegnante con chi il carcere lo conosce e lo vive: detenuti, addetti ai lavori, volontari).

6 - Tutti i volontari attivi e tutti i tirocinanti impegnati nelle attività dell’associazione (anche se il loro impegno è minimo) devono partecipare ad almeno due incontri mensili (su quattro previsti ogni mese) per chiarimenti, aggiornamenti e superamento di eventuali criticità, e all’incontro mensile generale.

7 – I tirocinanti sono invitati a tenere un diario personale sull’attività in corso.


Letture consigliate:

D. Garland, Pena e società moderna, il Saggiatore

G. Rusche, O. Kichheimer, Pena e struttura sociale, il Mulino

M. Foucault, La società punitiva, Feltrinelli

E. Goffman, Asylums, Le istituzioni totali: i meccanismi
dell’esclusione e della violenza

D. Garland, Stigma. L’identità negata

G. Mosconi , Tempo sociale e tempo del carcere, “Sociologia
del Diritto”, n. 2, 1996

E. Lemert, Devianza, problemi sociali e forme di controllo,
Giuffrè, Milano

G. Colombo, Il perdono responsabile. Ponte delle Grazie,
Milano

C. E. Paliero, Percezione sociale del crimine ed effetti
penali dei media. Rivista italiana di procedura penale, 2006, n.2

L. Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo
penale, Laterza

M. Pavarini, Diritto penale minimo, Donzelli


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in via De Horatiis 6 a Chieti
aperti tutte le mattine sabato compreso, h: 9:00 - 12:00
telefono:328 7332950

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Come sabbia sotto il tappeto

Sopravviviamo tutti i giorni qui dentro senza ricevere un aiuto e un giusto reinserimento e dimenticati da tutto e tutti; e ogni santissimo giorno subiamo delle ingiustizie e dei trattamenti disumani e degradanti che ci vengono imposti dalla dittatura della direttrice e dalle guardie di polizia penitenziaria. Siamo chiusi senza fare niente dalla mattina alla sera, senza lavorare, non ci fanno andare in biblioteca, non c'è una palestra, le giornate non finiscono mai. Ma noi chiediamo? Questo si chiama reinserimento? E’ reinserimento stare chiusi dentro le celle sporche sovraffollate senza fare niente? Noi siamo veramente stanchi di subire queste ingiustizie, questo essere trattati come immondizia. Non sappiamo a chi chiedere aiuto. Abbiamo scritto al magistrato di sorveglianza, ci siamo messi a udienza per poter cercare di parlare con un magistrato ma a quanto pare anche loro se ne fregano, addirittura violando anche l'ordinamento Penitenziario perché il magistrato di sorveglianza dovrebbe vigilare le condizioni in cui si trovano i detenuti. Ma qui tutto questo non funziona per niente. Noi siamo disperati, abbandonati da chi ci dovrebbe aiutare. Noi chiediamo che ci vengano dati i nostri diritti e basta: non ci fanno fare i colloqui, le videochiamate poi… anziché sei videochiamate al mese ce ne fanno fare quattro di 20 minuti e la maggior parte di noi non ci riesce neanche. Questa è una dittatura vera e propria senza rispetto e senza dignità. Se chiediamo di parlare con gli educatori non veniamo mai chiamati e se ci chiamano sono infastiditi e arrabbiati. Se abbiamo bisogno di parlare con uno psicologo non ci sta mai. Il mangiare che ci passa la direzione è immangiabile perché è scarso e inadeguato, costringendoci a comprare il cibo sul vittospesa e a costi elevati per chi se lo può permettere e c’è purtroppo la fregatura perché la maggior parte delle volte ci consegnano la carne con la data di scadenza del giorno dopo e di pessima qualità. Senza poi parlare del resto. Nella terza sezione giudiziaria non abbiamo un congelatore, il frigorifero ci sta solo per fare la figura perché è rotto e quindi malfunzionante da non poterci mettere niente. Le stanze sono tutte sporche. Senza poi parlare della sanità: qui non funziona niente di niente Ci sono stati casi covid e persone che si sono sentite male, ma loro fanno niente di niente aggravando ancora di più la situazione mischiano i detenuti che sono stati contagiati e mettendoli insieme ad altri, tutti insieme fregandosene di tutti i rischi che ci sono. Dobbiamo soltanto sperare di stare sempre bene perché se ti senti male puoi aspettare per ore o altrimenti per giorni. Se ti senti male di notte muori perché non ci sono i campanelli per suonare e se chiami la guardia o dorme dentro il gabbiotto o o se ne sta sotto a parlare con gli altri colleghi suoi e quindi non ti sente. E’ venuto anche il garante dei detenuti mesi fa. Ma lui ha detto che sta tutto bene …senza visitare le sezioni. Questo ci fa capire che sono pure loro dei corrotti e non possiamo fidarci di nessuno, ma ci rimane solo da subire queste ingiustizie, questi trattamenti disumani e degradanti subendo tutti i giorni dei danni fisici e psicologici e torture vere e proprie senza che nessuno ci aiuti veramente. Noi è vero che abbiamo sbagliato in passato ma sogniamo di riprenderci la nostra vita e avere un futuro migliore di questo senza essere maltrattati e trattati senza rispetto della nostra dignità. Così il carcere non reinserisce nessuno anzi ti fa soltanto venire tanta rabbia. Bisognerebbe cambiare queste leggi e dare un giusto reinserimento delle persone detenute aiutandole con il lavoro all'esterno… non a buttarci dentro nelle sezioni sporche e sovraffollate senza fare niente dalla mattina alla sera mesi, anni, per tutta la vita. Così non si risolve niente ma possiamo solo peggiorare mentre bisogna separare i detenuti con pene minori o con reati diversi. Perché se io entro ladro di galline, esco rapinatore di banche, pazzo omicida, truffatore…tutto e di più. Noi non crediamo che lo Stato voglia a sconfiggere la delinquenza, anzi loro ci guadagnano perché un detenuto costa allo stato circa 300 euro al giorno ma per noi non ne spende neanche 50. Negli altri paesi le carceri le stanno chiudendo perché concedono più pene alternative e i reati stanno anche diminuendo. Quello sì che si chiama reinserimento e non questo che è un buttare la chiave. Spero che ci possiate aiutare a fare uscire sul giornale questo testo. Spero che almeno voi ci possiate dare una mano ad aiutarci a risolvere queste ingiustizie.

il numero di marzo

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STORIE E PENSIERI A RUOTA LIBERA

STORIE E PENSIERI A RUOTA LIBERA
DALLE CARCERI DI CHIETI E DI PESCARA

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Dibattito e musica alle terme romane

A conclusione del progetto Terme Romane, progetto frutto di un protocollo di Voci di dentro e la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio dell’Abruzzo, che ha permesso di tenere aperto ai visitatori il sito archeologico di Chieti nei mesi di luglio, agosto e settembre, l’Associazione invita tutti a una serata speciale giovedì 26 settembre dalle ore 17.30 nel giardino delle Terme.
Il programma prevede alle 17.30 un confronto-dibattito tra volontari di Voci di dentro, detenuti in articolo 21, ex detenuti e affidati Uepe, gli stessi che hanno provveduto a tenere aperte le Terme. Oltre a fare un bilancio sul progetto, si affronterà il tema delle alternative al carcere, della messa alla prova, dei programmi di reinserimento attraverso le attività di volontariato. Saranno presenti la Soprintendente Dott.ssa Rosaria Mencarelli, il Direttore della Casa Circondariale di Chieti dottor Franco Pettinelli.
Al termine dell’incontro ci sarà un momento di buona musica con i Save the groovin people con il loro repertorio ricercato e raffinato, misto a effetti cosmici e momenti di viaggi introspettivi, sempre mantenendo la carica del funk più puro, passando per citazioni dal soul al boogaloo.

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Voci di Dentro è anche un'associazione iscritta al registro delle Onlus e come scopo ha la solidarietà e l'inserimento sociale. Al centro del progetto la convinzione che non ci sono muri da innalzare, ma porte da aprire e che la chiave è la cultura e il lavoro. Ed è questa la vera sicurezza.
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appunti

Voci di dentro nel carcere di Chieti conduce da molti anni dei laboratori di scrittura ai quali complessivamente hanno partecipato circa un centinaio di detenuti. In molte occasioni l’associazione ha svolto diverse iniziative pubbliche nelle scuole organizzando cicli di incontri con gli studenti delle scuole di Chieti (Istituti De Sterlich, Galiani, Pomilio, Vico) proprio su temi legati alla devianza e alla violenza facendo intervenire agli incontri diversi detenuti che hanno così potuto confrontasi direttamente con le giovani generazioni.
Da oltre due anni, da quando sono stati inseriti nella struttura di Chieti i detenuti protetti (sex offender), i laboratori sono congiunti e vi partecipano assieme sia comuni che sex offender. L’iniziativa, del tutto innovativa in quanto generalmente nelle carceri i due differenti tipi di reclusi vengono tenuti separati, si è svolta con successo e tutt’ora è in corso. Tra i temi che spesso si discute ci sono proprio questioni legate alla violenza di genere.


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