lunedì 28 ottobre 2019

Sliding doors

Il potere del destino. C’era una volta l’Appio Latino, uno dei quartieri che pensavo fosse ancora salvo da un certo tipo di criminalità, dico una volta perché purtroppo mi trovo qui a trovare i perché di un così triste accaduto: è stato commesso un omicidio, è stato rapinato e ucciso un giovane ragazzo. Per quale motivo? Al principio si parlava di una rapina finita male, adesso dicono che con molta probabilità si trattava di una compravendita di marijuana o hashish.
Sembra che il gusto sadico di chi deve approfondire un così pietoso avvenimento sia proprio nell'infierire nei dolori di una famiglia o di una fidanzata. Non c’è pietà per le vittime quando la sete del sapere va oltre il buonsenso. 
Adesso sembra quasi che la fidanzata sia sotto accusa per aver fatto delle dichiarazioni forvianti, senza neanche minimamente pensare che lo shock potrebbe aver contribuito in questa ricostruzione, o peggio per la paura di qualche ritorsione. Perché lo stato pretende le verità per sollevarsi dal mero lavoro investigativo, ma non si preoccupa poi di tutelare le vittime che dichiarano i fatti. Poi vorrei sapere: anche se fosse stato che quel ragazzo stava comprando hashish di chi è la colpa? Come se ci fosse un concorso di colpa. Come dire che se quel giovane personal trainer di buona famiglia - magari con qualche vizietto - sia relegato ad aver meritato una morte perché avvicinatosi alla criminalità.

Allora di nuovo mi chiedo: per cosa? Purtroppo viviamo in una società alla Pennac e tutti abbiamo bisogno del Malussiene di turno, sì del capro espiatorio. Quando invece la prima domanda che bisognerebbe farsi è: se le droghe leggere fossero state legalizzate, quel giovane pieno di risorse e speranze sarebbe morto?

Sì, io lo immagino ad andare a comprare della marjuana o dell’hashish in qualche negozio, magari con i suoi amici e la sua fidanzata così che poi tutti felici e contenti si sarebbero visti la partita al pub.
E immagino quei due ragazzi cresciuti in periferie ben diverse da quelle di oggi, li immagino in periferie multifunzionali, dove grazie a molte strutture sociali abbiano potuto imparare mestieri e aver dato un senso alla loro vita…e quella sera sarebbero anche loro andati a vedere la partita in quel pub assieme a Luca.


Provo disgusto di chi fa politica e racimola voti su quest’accaduto, cercando la soluzione del problema nella sicurezza, speculando sopra disgrazie verificatesi proprio per mano loro, in nome del proibizionismo.

Luca Sacchi è morto per colpa dello stato che ha usato come sicari giovani venuti dalle periferie, cresciuti nell’illegalità anch’essi senza colpa se non quella di esser stati abbandonati fin dalla nascita dalla società, ma questo incontro di anime perse avviene  purtroppo perché per un ragazzo per bene l’unico modo per acquistare dell’hashish è quello di avvicinarsi a circuiti criminali e lì in questo scontro sociale tra il benestante e il poveraccio lo stato li ha abbandonati, privando Luca della possibilità di acquistare legalmente la sostanza, e privando gli  altri due ragazzi di un futuro.
Mauro Armuzzi

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