lunedì 22 novembre 2010

Un minuto da detenuto

Dal Messaggero, edizione Abruzzo del 22/11/2010

di Stefania Ortolano

Tre letti a castello, tre armadietti, un gabinetto alla turca, una scatola di sardine bucherellata e usata come grattugia per il formaggio, una scatola di tonno tagliata e usata come pelapatate... Questi alcuni degli "ingredienti" della cella, due metri per tre, un cubicolo per tre persone, portata in piazza Vico a Chieti dalla Onlus Voci di dentro, allestita dai detenuti di Chieti e Vasto, con le suppellettili fornite dal Direzione delle case circondariali. Fedele riproduzione di una cella.

E’ uno shock la manifestazione patrocinata da Provincia, Comuni di Chieti e Vasto, ordini Forensi, Caritas, Centro Polivalente immigrati, dal titolo "Un minuto da detenuto" con l’invito a vivere in prima persona per un minuto il carcere. In mille ci hanno "provato" nei primi due giorni dell’iniziativa e tanti hanno lasciato nel libro degli ospiti firme e impressioni. Le più toccanti quelle dei bambini e dei ragazzi (ti prende il cuore... mi manca l’aria...mi dispiace), riflessive quelle degli adulti (è ora di porre rimedio per recuperare l’umanità che è in noi).

Hanno spiegato i volontari di Voci di dentro: «Uno degli obiettivi dell’iniziativa è rappresentato da un video messaggio che facciamo visionare ai visitatori nella cella; è rivolto ai giovani, ed è un invito a non dare ascolto alle cattive compagnie, a seguire la retta via, a rispettare regole e leggi. E chi lo pronuncia è un detenuto che fa parte del laboratorio di scrittura che teniamo nelle carceri di Chieti, Vasto, Pescara e Lanciano».

Ma sono anche altri i significati di "Un minuto da detenuto", e cioè sensibilizzare l’opinione pubblica, far riflettere e far vedere la realtà delle nostre carceri affollate da 70 mila persone quando le strutture ne possono ospitare 40 mila. E costringendo chi sbaglia a una condizione di vita carceraria dura e poco dignitosa, con poche possibilità di recupero, quando invece l’articolo 27 della Costituzione recita che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Una realtà difficile oltre che per i detenuti, quasi il 30 per cento sono stranieri, tantissimi per spaccio e/o uso di droga, anche per la polizia penitenziaria, oggi sotto organico e costretta a turni pesanti e straordinari.

«Gli strumenti perché questo non accada - hanno detto i volontari - è creare le condizioni per rimuovere le cause che portano a delinquere e lavorare nella società perché accolga, dopo la pena, chi ha pagato il suo debito». E giovedì la mostra traslocherà a Vasto.

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