mercoledì 4 agosto 2010

Storie di dentro e di fuori

Un progetto lavoro per quattro detenuti a Pescara; la storia di Enrichetto in carcere ai domiciliari perché in bici in stato di ebbrezza e poi in cella vera perché evaso da casa; un ricordo di Elvira Sellerio che nel 2001 decise di donare 63mila volumi alle biblioteche dei penitenziari italiani.

Sono alcuni degli articoli tratti dalla   rassegna stampa quotidiana di Ristretti orizzonti
(ASCA) Pescara: progetto pilota utilizzerà 4 detenuti per la manutenzione del verde pubblico
“Per sei mesi l’amministrazione comunale di Pescara offrirà una chance concreta per reinserirsi nel mondo del lavoro a quattro giovani che hanno commesso un errore e che stanno pagando il proprio debito con la giustizia li formeremo nel campo della manutenzione urbana e poi consentiremo loro di imparare sul campo a eseguire piccole riparazioni stradali e a garantire la gestione del verde. Al termine dei sei mesi i 4 ragazzi avranno un attestato circa il livello di professionalità raggiunto che consentirà loro, dopo essere tornati in libertà, di trovare un’occupazione.
È il progetto Senapa promosso dall’amministrazione comunale di Pescara in partenariato con la Fondazione Caritas e con il direttore della nostra Casa circondariale, un progetto-pilota che, se darà i risultati che ci aspettiamo, siamo pronti a ripetere”. Lo ha detto l’assessore ai Lavori pubblici del Comune di Pescara Alfredo D’Ercole nel corso dell’odierna conferenza stampa convocata per presentare l’iniziativa, alla presenza, tra gli altri, di Sua Eccellenza, l’arcivescovo di Pescara Monsignor Tommaso Valentinetti, del direttore della Caritas Don Marco Pagniello e del direttore del carcere Franco Pettinella.
“L’obiettivo del progetto-pilota è sicuramente duplice - ha spiegato l’assessore D’Ercole -: da un lato incrementare gli interventi e i lavori di pubblica utilità per la manutenzione urbana di base, ossia non i grandi cantieri di riqualificazione, ma piuttosto la chiusura di piccole buche stradali, il ripristino di un cartello o di una segnaletica o ancora la sistemazione di una mattonella sconnessa; dall’altro utilizzare tali interventi di manutenzione urbana non solo come occasione di riqualificazione della città, ma anche come occasione di recupero sociale di soggetti svantaggiati, coinvolgendo detenuti e anche cittadini over-50 che hanno perso il lavoro.
Il progetto si articolerà in due momenti distinti: si inizierà a settembre coinvolgendo quattro detenuti in piccoli interventi sulla manutenzione del verde urbano, per un periodo di due mesi. A fine ottobre partirà il secondo progetto denominato “Senapa” che si articolerà in due mesi di corso di formazione sul lavoro edile che si svolgerà all’interno della Casa circondariale e sarà curato da Formedil, rivolto agli stessi 4 detenuti individuati; subito dopo gli operai formati lavoreranno per altri due mesi per il Comune di Pescara per mettere in pratica le nozioni apprese ed effettuare quei lavori di piccola manutenzione che danno il segno della cura di una città, ma che spesso è difficile far eseguire a delle imprese, come la sistemazione di qualche mattonella in una pavimentazione in betonella, o il ripristino di un cartello stradale o ancora la chiusura di una piccola buca”.
La Fondazione costituirà delle squadre che, oltre ai 4 detenuti in giustizia riparativa, vedranno la presenza anche di 4 operai capisquadra e 8 volontari, ossia lavoratori over-50 in condizioni di disagio socio-economico, che hanno perso il lavoro, “i quali - ha proseguito l’assessore D’Ercole - non riceveranno una retribuzione vera e propria, ma un’indennità. Complessivamente il progetto-pilota costerà 20mila euro”. “Il progetto - ha commentato l’arcivescovo Valentinetti - è frutto della sinergia tra Comune di Pescara, Caritas e il Carcere, una sinergia che darà buoni risultati. Le forze vanno unite per garantire il recupero dei soggetti svantaggiati che per varie ragioni non riescono a entrare nel mercato del lavoro. Quello odierno è il primo passo, il primo impegno, con la speranza che tale iniziativa possa proseguire”.
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(La Stampa) Ubriaco in bicicletta, finisce ai domiciliari; evade per comprare salame: ora è in carcere

di Massimo Gramellini

Enrichetto ha 55 anni e un cuore di bambino. Gira in bicicletta, estate e inverno, nascosto sotto un cappello con la coda che i bambini veri si divertono a tirare. Un giorno in cui pedala troppo a zig-zag viene fermato per guida in stato di ebbrezza. Due mesi agli arresti domiciliari, come uno della Cricca. Enrichetto. A lui sta persino bene, basta non gli tolgano il suo cane e il suo cappello. Una mattina si alza con la voglia di un salame. Ricorda di averlo visto nella vetrina del macellaio, prima del suo arresto, chissà se c’è ancora. Esce per andare a controllare. Una vicina che si è auto assegnata l’incarico di fare la guardia lo intercetta attraverso lo spioncino e avverte i carabinieri. Allarme, il prigioniero è evaso! Enrichetto torna a casa col salame, tutto contento, ma sulla porta trova le guardie. Adesso giace nell’infermeria del carcere astigiano di Quarto. Rifiuta il cibo, come chi si sta lasciando morire. La sua non è una protesta. È che gli è venuta la malinconia. Sa che a settembre lo condanneranno per evasione e a lui non sembra giusto, ecco. Tutto perché una volta è salito in bici un po’ brillo e un’altra volta è uscito di casa per comprare un salame.
Per favore, Enrichetto, ricomincia a mangiare. Ti prometto che un giorno instaureremo la repubblica del buonsenso, dove le leggi non saranno più il trastullo dei potenti e la trappola dei semplici. E se nel frattempo qualche magistrato chiudesse un occhio sui tuoi efferati delitti, a casa ci sono un cane, un cappello e un salame che ti aspettano per festeggiare.

Alfano promette interessamento per “caso Enrichetto”

Donadi andrà domani al carcere di Asti perché “non è possibile ignorare il fatto che le carceri italiane siano piene di persone come “Enrichetto” e che, invece, uomini potenti e importanti, che hanno commesso reati gravi, riescano sempre a scamparla. Una palese ingiustizia di uno Stato che non sempre riesce ad essere equo e giusto”.
Invece “un poveraccio come Enrichetto rischia la morte in carcere per un salamino e gente come il detenuto Balducci, capo della presunta cricca, se la spassa agli arresti domiciliari nella sua villa con piscina a Montepulciano. Un paese davvero democratico - osserva Donadi - deve avere il coraggio di sbattere in galera i delinquenti della cricca, e magari di gettare via la chiave, ma è un atto di vigliaccheria tenere in carcere gente come Enrichetto”.
Alfano è subito intervenuto in Aula spiegando di essere stato a sua volta colpito dal caso. Una vicenda portata all’attenzione dei più dal pezzo del 31 luglio in cui Massimo Gramellini parla di quell’uomo ai domiciliari per guida di bicicletta in stato di ebbrezza e che ora si sta lasciando morire per un salamino, poiché questo sarebbe il movente della evasione dai domiciliari.
“Ho già interessato gli uffici”, assicura Alfano, perché “valutino se esistono i presupposti che possano consentire l’intervento del ministero della Giustizia”. “Il ministro della Giustizia sottolinea che in questa vicenda “il tratto di gravità è sotto il profilo di un pezzo dell’articolo 27 della Costituzione, troppo spesso trascurato. Non quello della funzione rieducativa della pena ma quello per cui la pena non può essere contraria al senso di umanità”. E questo, osserva ancora Alfano, “mi era apparso immediatamente visibile e proprio per questo mi ero attivato”.

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(L'Unità) Quando Elvira Sellerio decise di donare 63mila volumi alle biblioteche delle carceri

di Salvo Fallica

Nel 2001 Elvira Sellerio decise di donare 63mila volumi alle biblioteche dei penitenziari italiani. Un gesto che esprime bene la sua filosofia. Così lo raccontò l’Unità il 20 ottobre 2001 nell’articolo che segue. “Tanti libri, tante vite”, è questa una delle frasi più care ad Elvira Sellerio, che adesso ha deciso di regalare tante “vite” e tante “esperienze” ai carcerati italiani. Sono, infatti, sessantatremilanovecento i libri donati dalla casa editrice Sellerio che verranno distribuiti in tutte le biblioteche dei penitenziari italiani. Titoli che spaziano dalla letteratura alla poesia, dalla filosofia alla prosa, dai saggi di storiografia alla sociologia, titoli che hanno segnato la storia culturale italiana degli ultimi anni, ed altri testi minori, nei quali spesso si nascondono autentiche chicche intellettuali.
A questa ricerca culturale, a questa scoperta di mondi e di dimensioni letterarie, filosofiche e scientifiche, potranno dedicarsi i detenuti dei penitenziari italiani. Ad aver avuto questa idea, è Elvira Sellerio, colei che assieme a Leonardo Sciascia ha fondato una casa editrice che è divenuta parte integrante della storia culturale del Sud e dell’Italia intera degli ultimi decenni. Una struttura editoriale che da Palermo testimonia la vivacità culturale della Sicilia e che negli ultimi anni ha la sua punta di diamante nei libri di Andrea Camilleri. L’autore che per la Sellerio ha pubblicato la serie incentrata sul celebre commissario Montalbano, e sempre per la casa editrice palermitana, ha pubblicato i romanzi storici, spesso sottovalutati da buona parte della critica italiana, in realtà i migliori lavori dell’autore agrigentino.
Elvira Sellerio ieri mattina nel carcere palermitano dei Pagliarelli, dove resteranno 5.000 degli oltre 63.000 volumi donati, ha presentato questa originale iniziativa. La donazione, tradotta in termini economici equivale ad un miliardo e mezzo. L’auspicio di Elvira Sellerio è che questa scelta culturale ed etica non resti isolata ed altri editori si ispirino a questa iniziativa. Elvira Sellerio nella presentazione di questa scelta editoriale ha spiegato di aver conosciuto le carceri italiane andando a trovare il suo amico Adriano Sofri, e ha potuto così conoscere la condizione esistenziale nella quale vivono i carcerati. Da questa esperienza è scaturita l’origine di questa iniziativa, proprio perché - sottolinea la Sellerio - “è nel libro, che è simbolo di libertà, che Sofri trova la forza per continuare la sua testimonianza”. E chissà se Elvira Sellerio, pensando a Sofri, non avrà anche ricordato l’insegnamento di Sciascia: “manda in libreria i libri che presteresti agli amici”.

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